sabato 3 aprile 2010

Buona Pasqua a voi tutti

Nell'augurare a voi tutti una buona Pasqua vi segnalo due bellissimi libri che mi sono stati indicati da due amici e fratelli di fede, nonchè soci insieme a me dell' Associazione Nazionale Amici della Juventus.
Riccardo Gambelli, autore del libro "Coriandoli Bianconeri", mi ha segnalato il libro scritto in ricordo di Andrea Fortunato, con l'incasso devoluto in beneficenza. Leggete la sua commovuente testimonianza.
Alberto Rossetto, autore dei libri "Juve alè" e "I figli minori della Signora" mi ha segnalato invece un libro che racconta uno spaccato di storia, ovvero quando la Juventus in piena seconda Guerra Mondiale fu costretta a spostarsi verso Alba.

FRATELLO ANDREA
Ricordo tutto perfettamente. Cadeva il giorno 2 aprile 1994 quando mi recai a Torino per assistere alla partita Juventus-Inter. Vinse la Juve 1 a 0, autogoal di Ferri. Mi ritrovai in tribuna numerata grazie all’invito di Fabrizio Ravanelli, su sollecitazione di Silvio Giusti, amico e grande capitano di lungo corso della Lucchese.
Terminato il match ebbi la fortuna di conoscerti, solo per pochi minuti, stringendoti la mano. Ti trovavi in compagnia di un distinto signore nell’antistadio del Delle Alpi, probabilmente stavi recandoti a ritirare la tua auto, quando mi avvicinai e ti porsi la mano, che tu, molto gentilmente, stringesti. Eri perdutamente scosso, avendo potuto ammirare alcuni striscioni che ti criticavano duramente, con il sottofondo di assurdi fischi ogni qual volta toccavi il pallone. Mi fu spiegato che eri nel mirino della tifoseria perché eri svogliato in allenamento e durante le partite. Potei ammirare i tuoi occhi, profondamente tristi, ancora sulle scene della contestazione. Ma forse quegli stessi occhi già leggevano il tuo tragico futuro, che avrebbe stonato con il cognome che portavi da sempre: Fortunato.
Quei due fari verdi mi ricordarono quelli marroni di Ayrton Senna, quando a Budapest il mio amico, concittadino, Alessandro Nannini mi condusse nel box della Mc Laren a conoscere “the Magic”. Gli occhi di Ayrton erano profondi e afflitti, con il destro perennemente velato di lacrime. Uno sguardo malinconico anche quando sorrideva.
I vostri occhi, il vostro sguardo erano uniti da un doloroso destino, che ha sconvolto tutti gli sportivi del mondo e che non vi dimenticheranno mai.
Quel giorno, caro Andrea, soffristi tanto, non potendo accettare le umiliazioni che arrivavano, incessanti come pioggia battente, dagli spalti del Delle Alpi. Tutti quei tifosi, purtroppo, non sapevano che ti eri ammalato gravemente! Gli stessi tifosi che, alcuni mesi dopo, tappezzarono la curva con un immenso striscione su cui era scritto: “Perdonaci Andrea”.
Tu perdonasti di sicuro, troppo buono era il tuo cuore, che accompagnava un carattere mite ma forte nell’affrontare una malattia dal nome “leucemia”.
Ti ricoverasti nel vecchio Ospedale Monteluce di Perugia, reparto di ematologia del Prof. Martelli, uno tra i migliori in Italia, dove tu sfidasti la malattia da vero guerriero come eri, con forza e serenità, dimostrata già dal primo giorno in cui il Prof. Pileri ti comunicò il nome terribile del tuo male.
Il dott. Agricola, seduto accanto a te, abbassò lo sguardo immediatamente ed un brivido freddo percorse la sua schiena. Tu, invece, chiedesti con una disinvoltura degna di un moschettiere: “Quando iniziamo le terapie?”.
Meraviglioso Andrea, quando scendevi, capelli al vento, sulla fascia sinistra annichilendo gli avversari, con il tuo sinistro magico che disegnava dei cross d’autore per i tuoi compagni, gli arieti dell’attacco. Esplodesti con la maglia del Grifone, meritandoti di essere definito il nuovo Cabrini.
Nella Juve, purtroppo, giocasti con il freno a mano tirato; il tuo organismo, ahimè, stava impegnandosi in una furiosa partita contro i globuli bianchi che avanzavano spietatamente.
Ci lasciasti il 25 aprile 1995.
E’ proprio vero che quando muore un ragazzo si scatenano sempre dei sentimenti contrastanti: il dolore immenso ed una grande rabbia che ti porta a chiederti il perché questo accade, senza possibilità di avere risposta.
I funerali si svolsero nella cattedrale di Salerno, con le sue vie piene di persone che assistevano al tuo passaggio, mentre riposavi all’interno di una bara in legno coperta di fiori e sciarpe di vari club, seguito dalla mamma, dal papà, dai fratelli e da tutta la Juve al completo.
Non dimenticheremo mai Capitan Vialli all’interno della chiesa, mentre di fronte ad un microfono, con tanto di divisa sociale, parlò a nome di tutti i compagni. Nel silenzio assoluto e tra singhiozzi non trattenuti riuscì a salutarti, mentre stavi partendo per un viaggio senza ritorno: “Addio Fratello Andrea, vinceremo per te”.
E così è stato, per lunghi dodici anni.
Infatti, la domenica successiva la Juve si recò, con il lutto al braccio e il profondo dolore nel cuore, a Firenze, dove stravinse per 4 a 1, cucendosi praticamente sulle maglie il 23esimo scudetto, il primo di una lunga serie.
Il 21 maggio fu il giorno ufficiale dei festeggiamenti per il ritorno alla vittoria dopo nove anni di digiuno e Ravanelli, mentre versava lacrime sincere, scrisse sulla pietra delle parole vere come il sole: “Uno scudetto che non cancella il dolore per una vita strappata”.
Arrivederci Fratello Andrea.

Riccardo Gambelli



Corrado Olocco
...Quando la juve si allenava al Coppino
(1942-'43...storie di calcio e amicizia tra la juve sfollata ad Alba e gli albesi)
Edizioni Albesi € 15,00

Il libro di cui parliamo oggi è una vera e propria perla perchè riporta alla luce un frammento di vita bianconera sconosciuto anche agli juventinologi più accaniti. Il tema trattato riguarda infatti il periodo compreso tra l'inverno del 1942 e la primavera del 1943 quando la Juventus impossibilitata a svolgere regolari allenamenti nella Torino stretta nella morsa dei bombardamenti inglesi dovette emigrare ad Alba.
Nella capitale langarola trovò ospitalità al "Sorano", una cascina padronale della famiglia Bonardi, produttori vinicoli e tifosi bianconeri, ma soprattutto si instaurò un forte legame di amicizia e complicità con tutta la cittadinanza albese.
Era quella una Juventus non di primissimo grado, ma comunque eccelsa, dove militivano i fratelli Sentimenti, Foni, Rava, l'albanese Lustha (kossovaro per l'esattezza), Parola, Varglien II, Borel ed addirittura Peppino Meazza; la felicità per i ragazzini e gli appassionati albesi di vedere (e convivere) da vicino con tali campioni fu enorme e l'affetto ed il calore con cui Alba abbracciò la Juve ebbe notevoli e positive ripercussioni anche sulle prestazioni sportive.
Immersa nella tranquillità delle colline di Langa, la squadra seppe rimontare diverse posizioni in classifica e sciorinare anche alcune gare memorabili, come il doppio 3-0 inflitto al Livorno, secondo classificato al termine della stagione dietro al Torino; il legame con la città e gli ambienti sportivi era talmente forte che non era affatto raro assistere a degli allenamenti ed incontri "misti" con la locale compagine di calcio, come vedere qualche giocatore bianconero improvvisrasi arbitro per dirigere qualche sentitissimo incontro tra le rappresentative scolastiche (il Coppino del titolo è proprio lo stadio albese).
Una tale intimità doveva inevitabilmente far sì che qualcuno restasse legato ad Alba affettivamente per sempre, ed infatti il portiere Perucchetti sposò una ragazza del posto e nell'ultima parte il libro segue proprio le vicende albesi di Perucchetti che oltretutto entrò anche a far parte della Resistenza.
Un volume scritto con passione e sapienza da Corrado Olocco che, lontano dai soliti stereotipi celebrativi del campione del momento o dalla talvolta arida sciorinatura di dati statistici, consigliamo vivamente a quei tifosi che vivono di "pane e Juve" e desiderano sapere tutto, ma proprio tutto, della vita vissuta dalla propria squadra del cuore.
Il libro può essere ordinato direttamente all'Editore scrivendo via mail a edizioni.albesi@alice.it o via fax al n° 0173-293163.

Alberto Rossetto

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