giovedì 14 febbraio 2008

Roma Capocciata

Le mie dimissioni per un giornale più forte
di RICCARDO LUNA
Quando ero piccolo, ma piccolo veramente, accanto al letto mi ero incollato una striscia di Peanuts. C’era Linus che diceva: «Sai, tutte le cose belle devono finire». E Charlie Brown ci pensava un po’ e poi chiedeva: «Sì, ma quando cominciano?». La mia cosa bella, anzi la bellissima e irripetibile storia d’amore con Il Romanista, è iniziata in un giorno preciso. Esattamente quattro anni fa. Era il 13 febbraio e faceva freddo proprio come oggi. Mattina inoltrata. Entrai in una stanza piena di scartoffie al tribunale di Roma, sezione per la stampa. «Vorrei registrare una testata», dissi. «Nome?». Il Romanista. L’impiegata si illuminò, doveva essere tifosa anche lei. Nel modulo c’era uno spazio bianco per il nome del direttore. Scrissi il mio: Riccardo Luna. Ero emozionato, ma non avevo idea, quel giorno, di quanto sarebbero stati intensi, faticosi, emozionanti, gioiosi, allegri e a volte disperati i miei giorni da quella mattina di febbraio. Fino ad oggi.Nei miei venticinque anni da giornalista ho avuto tante soddisfazioni. Sono stato fortunato. La vita mi ha dato l’opportunità di fare il lavoro che sognavo di fare da bambino. E di farlo bene. Vorrei continuare a lungo. Ma niente è stato così importante per me, come questi quattro anni appena compiuti. Insieme a voi ho fatto nascere e crescere Il Romanista e questo nessuno me lo potrà mai togliere. Nessuno lo potrà cancellare. L’ho fatto con tutto il cuore che avevo, con la passione giornalistica che mi ha trasmesso mio nonno e poi mio padre, con quel coraggio - che mi viene non so da dove - di battermi sempre per una causa giusta, anche se spesso è una causa persa. Forse quel coraggio me lo avete dato voi. Ho scritto tante cose su queste pagine, ogni volta con l’emozione di sapere che dall’altra parte c’eravate voi a leggermi, e sullo sfondo un’idea da sostenere, anzi un sogno. Il quotidiano dei tifosi più tifosi del mondo. Come suona bene. Come non esserne fieri. In questi quattro anni abbiamo fatto un miracolo: io e voi, tutti quelli che mi hanno aiutato, tantissimi, non li scorderò mai. Abbiamo creato dal niente un quotidiano nel quale nessuno credeva. Doveva durare un mese, dicevano, e siamo ancora qui. Siete ancora qui. Perché oggi io scendo, senza di me il viaggio sarà più facile e il giornale potrà crescere per arrivare dove merita. Dove ho sempre pensato di poterlo portare. Ci arriverà, ci sta già arrivando.Io scendo qui e mi costa moltissimo. Ma penso che arrivati a questo punto sia la cosa giusta. L’unica cosa da fare. Vedete, dopo quel 13 febbraio 2004, quando giravo la città con una valigetta e dentro un progettino di business in cerca dei soldi per cominciare, avevo chiaramente in testa cosa volevo fare. Un giornale che fosse la casa di tutti i romanisti, un posto dove incontrarsi, parlare, difendersi da chi ci vuole male, e gioire per le vittorie. Insieme.In realtà in questo ultimo anno in particolare le cose non sono sempre andate così. E’ difficile spiegare senza fare polemiche o creare altri equivoci, ma provo a dirvelo con una metafora. C’è qualcuno che tutte le mattine sui muri di questa casa che abbiamo costruito scrive cose offensive. Ci diffama sistematicamente. Senza che nessuno lo fermi. Attirandoci fette di odio quotidiano, circoscritto, per carità, ma ingiustificato. Fa male, l’odio. E c’è qualcun altro che ha convinto il lattaio a non portarci più il latte la mattina: ora, una mattina puoi fare a meno del latte, anche una settimana forse, ma dopo un po’ diventa dura. E c’è ancora qualcuno che ha tagliato i fili del telefono e così da quasi un anno non possiamo parlare con i nostri interlocutori. Ci è vietato. Bizzarro per chi fa questo mestiere non poter parlare no? Ora a me non interessa parlare di qualcuno, mi interessa soltanto il bene di questo giornale, di voi lettori che ci dimostrate affetto come se fosse vostro, e di quelli che ci lavorano. Questo conta.Per questo ieri sera ho convocato la redazione, i miei ragazzi, e gli ho detto quello che non gli avrei mai voluto dire: Mi dimetto. Ingoiando la mia solita lacrima da sentimentale, ho subito aggiunto: per voi sarà meglio, con questa mossa voglio favorire una riconciliazione fra tutti i romanisti. Una nuova alleanza. Che renda il giornale più forte.Quando abbiamo festeggiato il terzo compleanno, il 10 settembre scorso, il sindaco Veltroni ci ha scritto una lettera bellissima, ci ha detto che oramai eravamo, siamo, «un patrimonio della città». Ecco, io vorrei che questo patrimonio fosse difeso e aiutato da tutti, perché è di tutti. La casa di tutti i romanisti. Da oggi senza alibi per nessuno.Vorrei che l’As Roma potesse finalmente capire ed essere fiera dell’esistenza del Romanista, perché solo i tifosi della Roma sono così speciali da mantenere in vita un giornale. E questa è una cosa che tutto il mondo ci invidia, sono venuti dal Giappone a intervistarci e mentre erano qui si guardavano attorno sbalorditi. Come fate?, ripetevano. Facciamo. Ce l’abbiamo fatta. E oggi che vi saluto e vi scrivo forse per l’ultima volta non sono neanche triste. Non devo essere triste. Ragazzi, noi e voi ce l’abbiamo fatta. Ora tocca a qualcun altro andare avanti. E’ la vita.Nell’ultimo film di Dustin Hoffman, c’è Natalie Portman che gli chiede: «Perché devi andare via? Perché deve finire la tua storia?». E lui: «Perché solo se una bella storia finisce, ne può iniziare una più bella». Ecco. E’ tutto. Buona fortuna, Romanista. A quelli che restano qui, a via Barberini 11 dico solo, forza ragazzi, fate un grande giornale come solo voi sapete fare, siete una squadra fantastica, oggi avete conquistato un altro lettore.
L'Unità: Il tifoso cambia il Direttore
Solo a Roma poteva nascere un giornale come Il Romanista. Qua dove il calcio è la cosa più importante al mondo, per i romanisti il mondo è solo giallo e rosso. "Il quotidiano dei tifosi più tifosi al mondo" fu la fulminazione che venne a Riccardo Luna, ex Corriere dello Sport, che lavorò un anno per mettere assieme un pool di imprenditori disposti a finanziare la sua scommessa. Pronti, via: un successone. Redazione ridottissima, la scommessa diventà realtà. Una realtà ingombrante che sconquassa il mondo delle radio e dei gruppi del tifo più caldo: quelli per cui la Roma è soprattutto un business, un lavoro con cui campare. E proprio da qui arriva il nemico, più nemico: quel "Marione" Corsi, estremista di destra con gravi precedenti penali, che si è "ricicciato" come star delle onde medie giallorosse. I suoi rapporti con la società sono così forti che i giocatori parlano con lui anche quando sono in silenzio stampa. E a Marione "Il Romanista" di Luna non piace. Troppo contro, troppo moralista. Decide di fargli la guerra e fare pressioni sulla società perché la guerra gliela faccia anch'essa. E così da un anno i giocatori della Roma non danno interviste al Romanista, le campagne pubblicitarie (Wind in testa) vanno su tutti i quotidiani tranne che sul Romanista. Come ricorda Luna nel suo editoriale d'addio: "Hanno convinto il lattaio a non portarci più il latte". Il giornale è in difficoltà, soprattutto finanziarie, da mesi si parla di un addio di Luna (al suo posto si era parlato di Roberto Renga del Messaggero) che si sacrifica per far sopravvivere la sua "creatura". In tutto questo arriva il commento di Marione Corsi: "Le dimissioni di Luna? Non me le accollate, io non sono così potente, comunque sono felice".

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Solo un commento:
Chi di spada ferisce di spada perisce.

Anonimo ha detto...

Uno dei più impegnati lanciatori di
merda durante porcopoli, soggetto
che amava presentarsi come fautore
del calcio etico che però doveva essere praticato solo dalla juve, le altre squadre in particolare Roma e Inter guardacaso ne potevano derogare per recuperare i secolari torti subiti, travolto dal tifo ha però commesso l'errore di mordere la mano del padrone ed ha fatto la
la classica fine degli utili idioti
Viste le sue propensioni gli auguro
un contratto cococo a spalare
monnezza in quel di Napoli