lunedì 30 giugno 2008

Cairo cucù,Dario non c'è più

http://www.lastampa.it/ 30 Giugno ore 8,00
Bruciato nella notte, Urbano Cairo è furioso.
Knezevic ha trovato l’accordo con la Juve, e questo si sapeva, ma quello che ha fatto saltare il banco è stata l’improvvisa intesa tra la società bianconera e il Livorno.
n un ristorante torinese, il contratto firmato due giorni fa da Spinelli e il presidente del Torino è diventato carta straccia; l’accordo da un milione e mezzo di euro con cui la società granata aveva acquistato la metà del difensore croato un pugno nello stomaco di Cairo che invano ha cercato di mettersi in contatto col direttore generale del Livorno Signorelli, ambasciatore di Spinelli al tavolo bianconero. «Non si può vendere un giocatore due volte. Se fosse così mando tutto in Lega e vediamo che cosa succede. Ancora ieri, a tarda sera ho sentito Spinelli, ho capito che tirava un’aria strana ma lui, seppur con qualche discorso fumoso, mi aveva rassicurato». Per portare Kzenevic al Toro Cairo doveva ancora affrontare il discorso con il giocatore, «ma l’accordo con Spinelli risale a sabato, mica a un mese fa. Che ci fosse la concorrenza della Juve era noto, che bisogno c’era allora di firmare quel documento con me?». E poi, ancora: «Se io vendo la stessa casa due volte, qualcuno potrebbe anche denunciarmi per truffa. Non credo si possa fare».Il Toro era convinto di avere in mano Knezevic, ma si è capito subito che acquistare il croato del Livorno sarebbe stato per Urbano Cairo più complicato che portare a casa un centravanti da 15 gol. Perché se c’era un giocatore intorno a cui incagliarsi, ecco, questi non doveva essere Knezevic. Centrale, mancino: era lui il primo obiettivo voluto da De Biasi per la difesa. Acquistarlo, sembrava facile visti anche i rapporti amicali tra Spinelli e Cairo.E invece. La trattativa, abbozzata dal presidente prima ancora dell’arrivo del nuovo ds Pederzoli, era decollata quando Cairo e Spinelli avevano messo le rispettive firme sotto l’atto di cessione, ma perchè il contratto fosse valido serviva un terzo autografo: quello del giocatore. Finito invece su un altro foglio, intestato alla Juventus Football Club.Un milione e mezzo per la metà del difensore croato è stata l’offerta, (accettata da Spinelli) di Cairo; un prestito semplice sembrava la prima opzione scelta dalla Juventus. Snobbata da Spinelli, aveva comunque indispettito Cairo: «Ma come, mi avete attaccato perchè ero quello che faceva il mercato coi prestiti e adesso che cosa mi tocca vedere? Che io porto i soldi e che una società come la Juve, dalle enormi capacità economiche, invece vuole un giocatore senza tirare fuori un euro. Quantomeno mi viene da sorridere...».Far di Knezevic lo snodo del mercato è come trasformare un palloncino in una mongolfiera, ma è chiaro che a questo punto nell’affare siano entrati anche i cromosomi di una sfida cittadina. Nonostante l’apparente distacco di Cairo («è una normale trattativa di mercato, quasi mi spiace che dall’altra parte ci sia la Juve». Appunto, quasi), sul croato, peraltro tutto da verificare in campo, il Toro si è giocato la prima apertura di credito sul mercato. «Di Spinelli mi fido» è stato lo scudo sotto il quale Cairo pensava di potersi riparare. Tanto che, ancora ieri, mattina il presidente del Livorno aveva tranquilizzato Cairo con un paio di telefonate: «Non permetterò a Kzenevic di sostenere le visite mediche per la Juventus». Rassicurato da Spinelli (fino a prova contraria, puntualmemte verficatasi) Cairo aveva deciso di schiacciare l’acceleratore sulla trattativa e definito l’offerta da sottoporre al croato: seicentomila euro per tre anni o cinquecentomila per quattro, ecco le due opzioni.
Ieri sera la svolta. «Knezevic giocherà in una delle prime quattro squadre del campionato» aveva detto Spinelli a Secco. Prima di cedere a Cairo la metà del difensore, vietare le visite mediche, fare marcia indietro e consegnare il difensore croato alla Juventus. Signori, il mercato.


http://www.juventus.com/ 30 Giugno 0re 12,00

La Juventus ha ingaggiato il 26enne difensore croato, prelevato dal Livorno. Alle 15, a Vinovo, la presentazione ufficiale alla stampa.

Indovina chi


Oggi è il turno di Veloso....

Hanno vinto i migliori




Roberto Beccantini
Alla fine, la ragazza di buona famiglia, bellina, studiosa ma a volte un po’ sciocchina, ce l’ha fatta. La Spagna è regina d’Europa 24 anni dopo l’ultima finale e 44 dopo l’unico titolo. Ha battuto a Vienna, in capo a una ordalia sempre controllata e spesso dominata, la Germania, più alta, più grossa ma non necessariamente più grande.
Michel Platini, da giocatore, aveva tolto una coppa alla Spagna nel 1984; ieri sera, da presidente dell’Uefa, gliel’ha consegnata.
Cantano e brindano, gli amici iberici, alla salute di Luis Aragonés e dei suoi moschettieri. Calcio di tocco, non irresistibile ma seducente. E una straordinaria copertura del campo. Solo una squadra non ha perso con i neo campioni: l’Italia di Roberto Donadoni. Di solito, queste sfide sono il pane della Germania. Non un tiro nello specchio, non un guizzo, salvo l’elemosina raccolta in avvio. Ballack, il nodo che aveva strozzato la vigilia, ha ribadito di non saper cambiare le partite che cambiano la storia.Comincia aggressiva, la Germania. Dall’alto, il 4-1-4-1 degli spagnoli sembra un’enorme gabbia che cammina. È a sinistra, almeno all’inizio, che i tedeschi trovano generosi varchi. Un po’ perché Sergio Ramos fatica a collegarsi e un po’ perché Iniesta, poi trasferito sul versante opposto, è preda facile di Lahm, Podolski e di chi, a turno, batte quei sentieri. Il pressing di Klose, su Ramos, e un tunnel di Ballack, a Puyol, producono avvisi di occasioni, non occasioni vere e proprie. Scambiate le «ali», chiamiamole così, la Spagna alza, piano piano, la cresta. Un miracolo di Lehmann scongiura l’autogol di Metzelder. Il palo di Fernando Torres - di testa, su cross di Sergio Ramos - ribadisce quanto la «camomilla» sia entrata in partita.Rosetti accompagna i duellanti, molto duri, molto corretti. Una manina di Capdevila scatena dibattiti: rigore sì, rigore no? Non scherziamo. Torres si batte come un leone fra le sbarre di Mertesacker e Metzelder. Non è un caso che sia proprio lui, al 33’, a spaccare l’equilibrio: l’assist è di Xavi, Fernando si mangia il povero Lahm e infila Lehmann. Subito dopo, ecco Iniesta. Smarca Silva, che spreca di volée. Senna si occupa di Ballack, speronato in pieno volto: sangue e arena. Frings e Hitzlsperger tamponano su Fabregas e Xavi. La maginot iberica, più compatta e più alta, costringe Schweinsteiger e Podolski a guidare spesso contro mano. Fischi all’annuncio di Rosetti, fischi a Ballack che rientra: spagnoli, e il fair play? Non il miglior Lahm, a essere pignoli. Anche per questo, nella ripresa, Loew lo avvicenda con Jansen. La Germania se la prende comoda. Marchena, tradito dalla foga (si dice così) centra in pieno i genitali di Klose. Zitta zitta, la Spagna ritorna «tisana». Passeggia, palleggia, traccheggia. Xavi, Fabregas, Iniesta, scatenato, e Silva addormentano i pazienti tedeschi. Poi, d’improvviso, battono a rete: come Xavi (bravo Lehmann), come Silva (fuori di poco). Obbligata la mossa Kuranyi: esce Hitzlsperger, un gregario di cui si erano perse le tracce da tempo. Un errore di Puyol, non il primo, libera il sinistro di Ballack, a fil di montante. La temperatura sale. Silva cerca rogne con Podolski, non siamo sui livelli di Zidane ma era una testatina da rosso. La lealtà del tedesco, che non cade folgorato, spiazza Rosetti. Aragonés richiama Fabregas, così così, e Silva, isterico. Dentro Xabi Alonso e Santi Cazorla. Premono i panzer e, come spesso succede, sono gli avversari a sciupare: Sergio Ramos di testa (salva Lehmann), Iniesta (salva Frings), ancora Iniesta. Che se ne vada Klose, ci sta. Ma Torres, proprio lui, boh: immagino che sia spremuto come un limone. Senna va a un passo, ma proprio uno, dal sigillare il tesoro di Torres. I gol di scarto dovrebbero essere almeno un paio. Molta Spagna. Solo Spagna. Che difesa: zero reti con Italia, Russia e Germania. Grande, Aragonés. E per Casillas, modiche respinte in mischia.
Quando vincono i migliori, lo sport respira.
Perché sì, se ti chiami Michael - Ballack o Schumacher non importa - troverai sempre un Senna dietro l’ultima curva pronto a chiederti il conto. L’ultima curva era ieri. E il Senna di Luis Aragonés l’ha chiesto.

venerdì 27 giugno 2008

Bentornato Mister


Bentornato Mister.
Devo esser sincero, ho sperato tantissimo in un sogno:
vederla di nuovo seduto sulla panchina bianconera.
Ma visto che i sogni molto spesso sono destinati a svanire (salvo poi, a volte, riapparire) mi accontento, per ora, di non vederla su altra panchina di squadra di club diversa da quella della Juventus, questa sì cosa che mi avrebbe fatto davvero male.
Per il futuro come mi rispose a suo tempo, quando ebbi la fortuna di intervistarla,
mi appello al "mai dire mai".

Se le parlo di un LIPPI TERZO sulla panchina della Juve, faccio fantascienza?
Nella vita non bisogna Mai dire Mai.

E allora bentornato in panchina Campione del Mondo.
Le auguro tutta la fortuna di questo mondo, in barba agli invidiosi che tanto la odiano e ai tanti tifosi che non la meritano.

Adesso la saluto ricordando però altre sue 3 risposte a cui sono molto legato dal giorno che la intervistai:

1)Quanto è stata importante la Triade nella sua carriera da allenatore?
Dal primo giorno, nel lontano 1994, che sono entrato a far parte della famiglia della Juventus tutti sono stati importanti per me allo stesso modo.
Dal direttore sportivo al magazziniere, dall’addetto stampa al giardiniere.
Ho trovato un ambiente fantastico e disponibile.
Semplicemente unico.
Rimarrò per sempre legato all’ambiente juventino.

2)Quanto le hanno dato fastidio le accuse di doping nei confronti della Juventus?
Molto, moltissimo. Le accuse mi hanno fatto veramente male ma non sono riuscite assolutamente a cancellare la nostra convinzione di forza di quel periodo frutto esclusivo di sacrificio, impegno e grande umiltà.

3)Cosa vuol dire esser juventini o allenare la Juventus?
Allenare la Juventus significa allenare la squadra più importante d’Italia.
La più conosciuta all’estero. La squadra con maggiori tifosi.
Significa allenare l’elite nel mondo.

Per legger l'intervista intera clicca qui sotto:

mercoledì 25 giugno 2008

Quel rigore di Del Piero

Di Giampiero Mughini

Due anni fa avevamo vinto un Mundial per un rigore sbagliato dagli avversari, adesso usciamo dagli Europei per un rigore sbagliato da un nostro giocatore. Dopo 120 minuti di guerra totale, a decidere è stato un singolo gesto e un singolo errore. E' la bellezza del calcio, lorsignori. In questo caso una bellezza che per noi sa di amaro. Come tutti gli italiani, domenica sera sono andato a letto che mi sentivo tutto trafitto di spille, e il sonno non veniva.

Su tutte, una spilla mi trafiggeva: la delusione di non aver visto Alex Del Piero tirare quello che doveva essere il nostro quinto rigore e che in un'altra circostanza avrebbe potuto essere decisivo.

Al quarto suo campionato europeo, e al capolinea della sua carriera di giocatore azzurro, sono sicuro che Del Piero quel gesto lo avrebbe compiuto al meglio. Per essere un grande rigorista, devi essere un grandissimo giocatore. Lo devi essere nei piedi e soprattutto nella testa. Perché il rigore lo si tira con la testa; i piedi aiutano, non di più. Me lo immagino lo sguardo di Alex prima di andare al tiro, la sua breve rincorsa con il busto leggermente piegato in avanti, la botta secca e indirizzata all'ultimo momento.

Vi immaginate se al quinto e ultimo rigore noi fossimo stati avanti di un penalty realizzato, e dunque la botta di Alex ci avrebbe dato la qualificazione? Apoteosi e coronamento di una carriera.

Ovviamente sto sognando, e lo so che nei 120 minuti le furie rosse ci sono state superiori. Cappello, valorosi spagnoli. E con tutto questo lasciatemi il diritto di sognare, e tanto più nel giorno che è probabilmente l'ultimo in cui Alex ha indossato la maglia azzurra. E' stato un giocatore che ha marchiato un'epoca. Fisicamente era così e così, e per tutta la sua carriera ha dovuto fare a cazzotti con il suo fisico. Zeman lo accusò poco elegantemente di essersi "pompato". Dopo quelle accuse Alex ebbe un infortunio tremendo, risalì faticosamente la china, passò anni in cui in molti credevamo che il meglio del suo gioco fosse alle sue spalle. Dopo di che ha continuato a segnare, a segnare, a segnare. In molti hanno giudicato che il suo ultimo torneo italiano fosse il miglliore da lui giocato in questi ultimi dieci anni. Dieci anni in cui non ha mai detto una parola sbagliata, mai fatto un'insinuazione malevola contro nessuno. Quando il suo allenatore gli diceva di uscire, glielo leggevi in volto la tempesta che lo stava squassando ma le sue labbra rimanevano ferme.

Grazie Alex, di quanta bellezza hai apportato al gioco più bello del mondo. E di quanta continuerai ad apportarne, seppure forse non in maglia azzurra.

Coriandoli Bianconeri


Ho appena terminato di leggere il libro "Coriandoli bianconeri".
A dirla tutta l'ho letteralmente divorato in pochi giorni.
Volete immaginare cosa si sarebbe potuto provare a passare una serata in compagnia dell'immenso Gaetano Scirea?
Volete capire che emozione si sarebbe potuta sentire nello stringere la mano del compianto Avvocato Gianni Agnelli?
Volete una testimonianza diretta, choccante, di chi quella maledetta sera all'Heysel era nella tristemente nota "Curva Zeta"?
Volete il racconto di una serata Post-Calciopoli a casa del "Direttore" Luciano Moggi?

Non vi resta che comprare il libro di Riccardo Gambelli.
Senese Doc. Juventino vero.

lunedì 23 giugno 2008

Ciao Donadoni





Con lo sfortunato epilogo della lotteria dei calci di rigore finisce l'epoca di uno dei più scarsi allenatori che la panchina della Nazionale Italiana abbia mai avuto.
Non bastano la strepitosa prova di Chiellini e la classe di Buffon.
L'Italia va a casa senza aver segnato un solo goal su azione manovrata in tutta la competizione.
3 goal : uno su angolo, uno su rigore, uno su punizione.
Mai vista in vita mia tanta pochezza tattica.
Ieri con l'assenza di Pirlo è stato un delitto assoluto rinunciare alla classe di Camoranesi per privilegiare l'inconsistenza tecnico tattica di Perrotta.
Ma da un allenatore che nella prima partita aveva deciso di puntare su Barzagli, Materazzi e Ambrosini piuttosto che su Grosso, Chiellini e De Rossi cosa potevamo aspettarci?
Usciamo con l'errore decisivo di Di Natale, uomo chiave di Donadoni.
Se Di Natale è un giocatore decisivo per la Nazionale, giusto andare a casa.
E Inzaghi intanto è al mare......

sabato 21 giugno 2008

I sogni son desideri?


Il presidente della Juventus Cobolli Gigli indica il primo obiettivo della prossima stagione: ‘Vincere la Champions’.
Prima il ritorno in A, poi un posto in Europa e adesso la conquista della Champions League.
In casa Juventus non si finisce mai di sognare e l’obiettivo per la terza stagione della nuova dirigenza bianconera e` la vittoria nella massima competizione europea per club.
Il presidente della Juventus, Giovanni Cobolli Gigli, indica il principale obiettivo della formazione bianconera per la prossima stagione.
‘Mi auguro che la squadra vada il piu` avanti possibile in Champions League e poi faccia anche ottime prestazioni in campionato. Il massimo che mi posso augurare per l’anno prossimo e` che faccia davvero grandi cose in campo europeo, perche` il sogno di vincere la Champions e` il sogno di ogni presidente e di ogni tifoso’.

Sognare non costa nulla è vero.....
Ma per vincere la Champions ci vogliono i Campioni.
Di quelli con la C maiuscola.
In due anni fino ad ora è stato comprato un solo titolare rispetto alla Juve pre-Calciopoli:
SISSOKO.
Troppo poco anche per sognare....
Tempo per colmare il gap ce n'è. Bisogna investire ancora tanto però. E bene.....

Saranno famosi?



Nome Dario Knežević
Nato 20 aprile 1982 Rijeka
Nazionalità Croazia
Altezza 184 cm
Peso 80 kg

Attendo di capire il ruolo che avrà all'interno della Juventus della prossima stagione per giudicare il suo acquisto.


Scommettiamo che...



....Aquilani non verrà alla Juve?
Spero che si riesca ad arrivare almeno a Xabi Alonso altrimenti qui si rischia che il Muntari di turno venga spacciato per campione......

venerdì 20 giugno 2008

Indovina chi



Visto che giocatori come Torres o Benzema sono inarrivabili, Huntelaar potrebbe esser l'unico a render meno amara la partenza di Trezeguet.
Ma prima di lasciar partire un bomber come David io ci penserei su un milione di volte.
E non voglio nemmeno sentir parlare di altri eventuali sostituti come Quagliarella ad esempio.

mercoledì 18 giugno 2008

Perde la Juve? Vince la Fiat



Fiat:"Lapo Elkann e sconfitte Juve fattori importanti per gruppo"
(Il Sole 24 Ore Radiocor)
"Il tema 'low cost' non coincide con il marchio Fiat, il cui posizionamento e' medio-alto ".
Cosi' il responsabile marketing di Fiat, Luca De Meo, al convegno 'World Marketing & Sales Forum'.
"Fiat ha oggi un posizionamento che non ha mai avuto nella sua storia e perderlo sarebbe un peccato dopo il lavoro degli ultimi anni", ha spiegato De Meo.
Rispondendo alla domanda se Lapo Elkann sia stato un fattore importante per la ritrovata simpatia del marchio Fiat, De Meo ha detto "si', ha aiutato, assieme alle sconfitte della
Juventus".

Pena congrua Bis



Calciopoli bis/ La Juve patteggia con la Figc: 300mila euro al settore giovanile.
Ma il club: non è ammissione.

La Juventus mette la parola fine al suo coinvolgimento nel capitolo due dello scandalo che nel 2006 ha travolto il calcio italiano.
Le società bianconera ha patteggiato la condanna davanti alla Disciplinare nazionale della Figc per il deferimento per Calciopoli bis, il filone che coinvolgeva anche il Messina e alcuni arbitri e che non era stato oggetto di giudizio nel primo processo sportivo.
Il club verserà 300.000 euro in tre rate annuali da 100.000 euro, che andranno al settore giovanile e scolastico della Figc.
"Non è un'ammissione di colpa - ha detto Franzo Grande Stevens, l'avvocato della Juve -. Diciamo che è un atto di generosità verso il settore giovanile e scolastico della Figc".

Kobe non basta


La capitale dell'Nba è tornata ad essere Boston.
Dopo ventidue anni, i Celtics si portano a casa l'ambito anello, il diciassettesimo della loro storia, che record! Con il tempo e con la mente si può tornare indietro agli anni Sessanta in cui Boston conquistò otto titoli di fila (1959-1966) o agli anni Ottanta (1981, 1984 e 1986) con il mitico e indimenticato Larry Bird.

Oggi i protagonisti sono altri, e tutti di classe, come Ray Allen, Paul Pierce (mvp delle finali), Kevin Garnett.
IL GRANDE SCONFITTO - Nulla da fare per Kobe Bryant, immenso come sempre, e per i Los Angeles Lakers, che si sono dovuti inchinare in gara6, battuti inesorabilmente 131-92, sommersi anche dal tifo senza controllo, quasi liberatorio da un incubo, del popolo bostoniano. Alla fine a vincere è stata la squadra migliore, capace nell'arco della stagione di portare a casa 66 successi nella regular season.
Un anno esatto dopo il terribile 2007 culminato con 58 sconfitte:
«Un anno fa, in questo periodo stavo giocando a golf - ha detto coach Doc Rivers - e pensavo a come avremmo potuto migliorare la squadra. Adesso è tutto così bello». C'è commozione nelle sue parole, ricordando il padre morto a inizio campionato: «Il mio primo pensiero è stato per lui».

Passato. Presente. Futuro.

PASSATO

L’ineluttabile. La fine. La crocifissione. La stampa francese riconosce senza troppi giri di parole il fallimento dei Bleus. Sconfitti da un’Italia che ha fatto solamente il suo dovere.
Pronta la ghigliottina, per la testa di Domenech.
FALLIMENTO – Per l’Equipe non ci sono scuse. Si tratta di un "immenso fallimento, un naufragio". Ma si è trattato, secondo il quotidiano sportivo, anche di una "Francia ultrasfortunata", ma comunque "troppo vecchia, inefficace, squilibrata". Opposta ad un’Italia che "ha pensato sempre a difendere: scelta intelligente per rendere sicuro il vantaggio e vincere".
FIASCO - Anche "Le Parisien" concorda e parla di un "fiasco che obbliga alla ricostruzione". Anche perché segna la fine in Bleu di giocatori storici come Thuram, Makelele, ma forse anche di Coupet e Henry che rimane "in attesa degli eventi per decidere".
PATIBOLO – Sul patibolo però è salito il c.t. che ha i giorni contati. Il suo destino sarà deciso dal Consiglio federale della Federcalcio del 3 luglio. Sotto contratto fino al 2010, Domenech ha già altro per la testa: il matrimonio con la sua fidanzata a cui ha chiesto la mano in diretta ieri a fine partita. No comment, scrive "Libération".

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PRESENTE


Grande prova di fair-play da parte dell'Olanda. Ma non avevo dubbi al riguardo.
E intanto spunta Podolski....
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FUTURO


Italia-Spagna è già cominciata sulla stampa spagnola. “Italia, sempre Italia” scrive ‘El Pais’, che evidenzia la prestazione della nostra Nazionale, definita “irriducibile”, una squadra che è “resuscitata per l'ennesima volta”.
Stessi concetti espressi anche da ‘El Mundo' (“Le sette vite dell'Italia”), che definisce la Nazionale azzurra “l’eterna sopravvissuta, capace di morire e risorgere durante il torneo quando serve”. ‘La Vanguardia’ dá spazio al commento del ct Aragones:
“L’Italia non era il rivale che preferivo, ma a questo punto tutti possono battere tutti”.
Per ‘Abc’, i campioni del mondo hanno centrato l’obiettivo della qualificazione con la solita prestazione concreta: “L’Italia ai quarti alla sua maniera”.
In Spagna comunque si sta diffondendo un certo panico: le furie rosse devono risalire al 1920 per trovare un successo sugli azzurri: in competizioni ufficiali non ci battono dalle Olimpiadi di Anversa, 1920.
INFIAMMA L'ATTESA - A quattro giorni dal quarto di finale di Vienna, ‘Marca’ infiamma l’attesa ricordando il match che gli azzurri vinsero 2-1 ( con reti di Dino e Roberto Baggio) nei quarti di finale dei Mondiali di Usa ‘94. In Spagna la partita viene ricordata soprattutto per la gomitata che Mauro Tassotti rifilò a Luis Enrique e in prima pagina domina la gigantesca foto del nazionale iberico con il naso sanguinante.
“Italia, questo non si dimentica” è il minaccioso titolo scelto dal quotidiano sportivo, che erroneamente annuncia addirittura la presenza di Tassotti sulla panchina azzurra nella gara di domenica.

martedì 17 giugno 2008

"E' una vergogna"


«Ho ricevuto tanti pugni in faccia, e c'è l'amarezza di chi ha lavorato ed è stato costretto a lasciare i campi di calcio per frequentare le aule di tribunale con la mia famiglia e quella di mio figlio che si è disgregata».
«Il maggiore Auricchio e Baldini si conoscevano benissimo»
«La vicenda appare come una cosa macchinata e predisposta»
«Sono molto sconcertato: non ci sono prove ma solo chiacchiere contro di me».
«Per più di un mese i due si sono visti, facevano riunioni segrete, Auricchio gli disse di fare una denuncia contro di me».
«Ora mi ritrovo in questa aula e scopro che la Geronzi si è dileguata, De Mita si è dileguato. Ma come è possibile? La Geronzi era parte integrante della Gea, era la socia fondatrice. Siamo rimasti noi con il cerino in mano, e non va bene».
«Sul caso Chiellini, Baldini ha detto solo menzogne, dalla prima all'ultima parola. Non è vero che il calciatore gli disse che preferiva andare alla Juventus perché Marcello Lippi, padre del suo procuratore, allenava la nazionale. La realtà è che il terzino era in comproprietà tra la Roma e il Livorno e che in Lega Calcio al presidente livornese Aldo Spinelli fu detto che il club giallorosso non poteva fare acquisti. Così il calciatore fu proposto alla Juve, il ragazzo ci interessava, lo avevamo anche seguito ma avevamo preferito lasciare in pace la Roma. Quando ci dicemmo interessati, Chiellini ancora non sapeva che sarebbe venuto da noi e solo dopo apprendemmo che il suo procuratore era Davide Lippi».
«Miccoli è venuto a dire che è rimasto in pullman quando la Juve festeggiò lo scudetto in Comune a Torino: era stato Franzo Grande Stevens a organizzare la festa e Miccoli non faceva parte della Juve che aveva vinto il campionato. E poi era pieno di orecchini, sulle orecchie, sul naso magari li metteva anche sulle gambe e questo alla Juve non va bene».
Infine frecciate anche per Corrado Grabbi («non ha mai giocato bene da nessuna parte, stava in mezzo al campo a guardare gli altri giocare»).
Per Nicola Amoruso («un buon giocatore per squadre come la Reggina e dovrebbe solo ringraziarci per aver guadagnato con noi 14 miliardi di lire».

lunedì 16 giugno 2008

Indovina chi




Rakitic, Srna, Petric, Stankovic, Grosso, Cassano, Xabi Alonso.....
Tutti alla Juve.....Vi pare possibile?

sabato 14 giugno 2008

Buffon tiene viva la speranza


Pugno alzato e guanto nero e non è Tommie Smith, è quel resta del giorno, quel che tiene l’Italia ancora viva, alla periferia di questo Europeo.
E’ Buffon e una parata in due tempi, mano, piede, tutto quello che ha per ripescare una squadra già sfrattata.
«Dobbiamo gioire per il punto perché eravamo a casa e invece...».
La palla ha viaggiato nel limbo, lui sdraiato, in caduta dopo aver respinto la prima volta e capace ancora di reggere lì, sospeso, di fregare la forza di gravità per l’istante che basta a cacciarla via, un calcio all’eliminazione matematica. Mutu non sbagliava un rigore da sette anni, in nazionale gli è andata male solo due volte e Buffon è l’unico contro cui non passa, «l’unico che conosco capace di fregarmi, mi aveva già parato nel campionato italiano, quando stavo nel Verona. Che devo dire? Piede e mano non ne voleva sapere di andare dentro. Fortuna? No, è bravo».

E’ l’ultima possibilità, una fiche da giocare dopo aver sperperato il malloppo, Buffon è il solo che riesca a dare scariche di adrenalina all’azzurro confuso visto fino a qui. Ha fermato il tempo e ha urlato indicando a due mani il posto dove andare, avanti. La reazione e il pareggio partono da quel suo pugno, tirato all’aria e poi alzato a celebrare l’unico momento buono, quello in cui l’Italia è stata capace di reagire. Dopo l’Olanda ha chiesto scusa agli italiani e il gruppo non ha gradito. L’unico a dire che era stato un disastro senza cercare scuse, si è preso anche il malessere di Donadoni, «punti di vista», come fosse stato un giudizio dato a caso. Non se l’è neanche presa, c’erano cose più importanti a cui pensare, «ognuno può dire quello che vuole». Stavolta pretende che si riconosca il cambio di mentalità: «Eravamo diversi, la prestazione c’è stata e ormai è inutile stare a valutare il fatto che non sia andata come volevamo. Tempo perso. Non so se era rigore o no, so che quel tipo di contatto è per lo meno dubbio e credo che prima di fischiarlo un arbitro debba mettersi la mano sulla coscienza. Si tratta di eliminare una Nazione, così, con una decisione sola. Ci vorrebbe buon senso».
Alza le spalle, scarico dopo tutto quell’essere speciale, pretende un attimo di umanità, un dubbio e un pensiero maligno anche se Donadoni non li gradisce e ha chiesto ai giocatori di non cercare alibi. Buffon cerca solo conforto, ha un disperato bisogno di ottimismo e ripete due volte «ci siamo ancora» come se dovesse sentire il significato delle singole parole per crederci.
In campo però ci ha creduto subito, perché era chiaro che quel doppio colpo stile karate, la combinazione calcio pugno fosse uno sliding doors: la storia che si sdoppia e da una parte restano i fantasmi dei campioni del mondo esiliati dal torneo, dall’altra quelli che se la giocano ancora. Faticosamente.
Al momento coesistono, Buffon ha creato un’alternativa, di più non poteva e martedì si decide quale versione dell’Italia sopravvive, i fantasmi o i reduci.

mercoledì 11 giugno 2008

Garantito Guido Rossi




La
famiglia
Agnelli
studia un'iniezione di risorse nella cassaforte Giovanni Agnelli & C. Sapa e chiama Guido Rossi come "garante" super partes per la struttura societaria del gruppo che raccoglie i vari rami ed eredi del gruppo torinese. E' quanto scrive oggi il Sole 24 Ore spiegando che i dettagli dell'operazione sono contenuti nel verbale di assemblea straordinaria della Sapa tenutasi a meta' maggio.

"Anche 5 scudetti di fila così.."

Luciano Moggi a ruota libera....

Sa darsi una spiegazione per il crollo degli Azzurri nella sfida d'esordio contro l'Olanda?
«Tenere in panchina De Rossi vuol dire rinunciare a un incontrista e allo stesso tempo a una fonte di gioco. Donadoni ha lasciato fuori il giocatore che più di tutti serviva a questa nazionale. Ma la sconfitta non è soltanto racchiusa nelle scelte del tecnico. Servono anche gli stimoli dei calciatori: al Mondiale c'era la spinta arrivata da Calciopoli, tutti volevano dimostrare il proprio valore. ».
Quale formazione manderebbe in campo contro la Romania?
«Toglierei Barzagli e Materazzi cambiando quasi tutta la difesa: i due centrali che abbiamo visto contro l'Olanda in questo momento sono improponibili. Meglio Panucci e Chiellini. Inserirei De Rossi e farei giocare Del Piero al posto di Di Natale».
L'Italia sta pagando l'assenza di Totti?
«Totti pur essendo un talento non ha mai fatto grandi prestazioni con la nazionale: al mondiale tedesco abbiamo giocato con dieci uomini e mezzo».
L'intero Paese è contro il ct Donadoni: lo confermerebbe?
«Ha sbagliato formazione, ma bisogna solo aspettare. E' come le pere, quando sono mature cadono da sole...».
Chi vincerà il prossimo Europeo?
«Il Portogallo. É una squadra molto forte, ha un gioco simile a quello della Roma ma ha il vantaggio di avere giocatori di maggiore qualità e non parlo soltanto di Cristiano Ronaldo, ma ci sono anche Deco, Moutinho, Nani. Mi piace molto anche la Germania: avrei potuto prendere Podolski con meno di un milione di euro quando non lo conosceva nessuno. Non ha accettato di venire in Italia».
In Italia ha vinto l'Inter: è stato uno scudetto meritato?
«No, assolutamente. Meritava di vincere la Roma, la squadra di Moratti ha avuto tantissimi aiuti da parte degli arbitri. Con i vantaggi arbitrali che ha avuto l'Inter nell'ultimo anno, si vincono cinque scudetti di fila...».
Non ha grande considerazione dell'operato degli arbitri italiani.
«Gli arbitri si comprano da soli, se fai una buona direzione con le grandi hai la strada spianata. Gli arbitri hanno un gettone di presenza che cambia: conviene arbitrare in serie A piuttosto che in serie B. Il primo anno di Collina a capo del settore è stato un disastro».
Ancora Collina, non sarà per via della famosa partita di Perugia in cui la Juventus perse lo scudetto?
«Quando Zambrotta venne espulso in quell'acquitrino, capiì che non avremmo mai potuto ottenere un risultato positivo: ce l'avessero detto prima, non avremmo sporcato di fango la divisa da gioco».
Perchè dopo un'ora di attesa, la Juventus non salì sul pullman per tornare a Torino?
«Perchè siamo educati (e si mette a ridere...). La Juventus era vista come una società arrogante, ma ci mettevano i piedi in testa. Ed eravamo considerati una società ricca anche quando non avevamo una lira».
Ma quella di Perugia era una Juventus cotta, due settimane prima aveva perso contro il Verona già retrocesso.
«Noi eravamo cotti, ma tra essere cotti e farsi cuocere c'è una bella differenza».
Veniamo a un argomento molto attuale: cosa pensa delle intercettazioni?
«Io sono favorevole alle intercettazioni... Sono stato una vittima delle intercettazioni, manderei in galera chi le utilizza. Sarei favorevole soltanto per le cose serie, quando si parla di mafia o terrorismo, ma non per mandare i magistrati a fare passerella in tv. ».
Se potesse tornare indietro, rifarebbe tutto ciò che ha fatto?
«Penalmente non c'è niente, non ho nulla da rimproverarmi. Tutti siamo pronti a dire più del normale, a farsi più grandi del normale. Ho fatto il "gigione" in questo senso, ma altre cose non ne ho fatte. Ho curato gli interessi della mia società, sono stato attento alla gestione, nonostante non avessimo soldi abbiamo sempre vinto, nonostante non ci desse nulla la società, la gestione è sempre stata positiva. Di più non si poteva fare. Io ho soltanto creato i presupposti per una difesa. Avevo capito, chiaro chiaro, che contro la Juventus c'era qualcosa che non funzionava. Le intercettazioni successive mi hanno dato ragione: avevo percepito certe cose, stavo appresso a delle persone per capir bene l'idea loro. Alla luce di questi fatti non avevo sbagliato».
Cosa è cambiato dopo Calciopoli?
«Niente. Lo ha detto anche Guido Rossi prima di andare via. Chi comandava prima continua a comandare anche oggi».
Quali sono i personaggi che comandano nel calcio italiano?
«Franco Carraro e Gianni Petrucci».
Quindi le banche e la politica.
«Questo lo state dicendo voi...».
Si sente il capro espiatorio di Calciopoli?
«La verità è che le intercettazioni bisogna leggerle tutte: così facendo ci si rende conto che Moggi, Giraudo e compagni erano soltanto sulla difensiva per quello che facevano altri».
A un certo punto si è addirittura iniziato a parlare di Moggiopoli. Come ha vissuto quei momenti? «É stato un piacere perchè ho querelato tutti quelli che hanno usato questa terminologia presentando una richiesta per danni».
E quando dicevano che Moggi era il padrone del calcio?
«All'inizio godevo, successivamente mi son chiesto alcune cose, poi ho inziato a preoccuparmi: sono quelli che ti dicono bravo e ti danno le pacche sulle spalle che poi ti fanno lo sgambetto».
L'ha delusa l'atteggiamento della Juventus?
«Voi avete mai visto una persona che uccide una persona e si dichiara colpevole? La Juve si è presentata al processo chiedendo la serie B con penalizzazione. Poi ha fatto il ricorso al Tar cambiando totalmente la versione. Poi ha ritirato il ricorso al Tar. C'è un deferimento che lascia il tempo che trova: io non sono più giudicabile (dopo le dimissioni dalla Juve non è più un tesserato) e la società sembra intenzionata a percorrere la strada del patteggiamento».
Patteggiamento di cosa?
«Non lo so. Questa è un'altra pietra miliare che si aggiunge al primo processo in cui era stata chiesta la penalizzazione. Noi, nel frattempo, siamo rimasti soli mentre il presidente della Juventus continua a dire in giro di aver vinto 29 scudetti: non si capisce bene se bisogna prendere per buona la prima o la seconda versione. la verità è che gran parte di quei trofei che stanno in bacheca sono frutto del nostro lavoro. Così come il parco giocatori che ha conquistato il terzo posto è per gran parte quello che avevamo portato noi. Non parliamo degli acquisti perchè è meglio non parlarne...».
Quindi non è Lei che fa il mercato della Juve.
«Questa la potrei considerare un'offesa. Con i soldi che la società sta mettendo a disposizione potrei vincere scudetto e Champions League per due anni di fila. Con 50-60 milioni di euro si può fare un gran mercato».
Eppure, non sempre chi vince ha ragione. Come si spiega il divorzio tra Moratti e Mancini?
«Quando un uomo che non è il presidente diventa un punto di riferimento per i media, l'azionista di riferimento si può anche innervosire e avere attacchi di gelosia. La realtà è che tra Moratti e Mancini è finito un amore. Ma i tifosi della Roma dovrebbero come minimo essere nervosi per come è andato questo campionato: andatevi a vedere Inter-Parma, Inter-Palermo, Inter-Empoli e Catania-Inter. Poi ne riparliamo».
Che idea si è fatto dell'interessamento di Soros per rilevare la Roma?
«Bisogna vedere come sta la famiglia Sensi economicamente. Secondo me, sarà difficile togliere la Roma a Sensi. Ero nella Roma, con Mezzaroma, quando Sensi iniziò quest'avventura. Mi disse: questo sarà il mio giocattolo della vecchiaia. Il presidente Sensi ha dato la vita per questo giocattolo, ha dato anche troppo. Difficilmente la Roma potrà ritrovare un presidente come Sensi».
Se domani dovesse tornare nel mondo del calcio, quale allenatore sceglierebbe? «Uno tra Lippi, Capello e Ancelotti: sono i più bravi in circolazione.».
La sua figura non è amata in una città come Roma.
«Dopo Calciopoli il consenso è aumentato. Prima l'ostilità per la Juve la faceva da padrone. Appena è andato via Baldini i rapporti si sono normalizzati. Questo signore ha detto qualcosa di troppo anche in sedi non sportive: nel processo Gea ha parlato più del normale. Poi ne pagherà le conseguenze. Parlare per sentito dire come fa lui credo che sia una cosa improduttiva. Dispetti alla Roma? Ero un dirigente della Juve, facevo gli interessi della Juve».
Nel suo ultimo giorno da dirigente disse che qualcuno le aveva rubato l'anima: ha focalizzato il volto di chi lo ha fatto?
«I loro volti li ho ben impressi in mente, ve l'ho già detto a voi. Prima non era facile mettere a fuoco la situazione, ora ce l'ho ben chiara».
Ci dica un colpo che non è andato a segno.
«Avevo messo gli occhi su De Rossi e Aquilani nella trattativa che avrebbe dovuto portare Davids alla Roma. Ho chiesto 15 miliardi e i due giovani ragazzi della Primavera. Se avessi chiesto 5 miliardi in meno a quest'ora i due nazionali sarebbero due giocatori della Juventus. Quella volta ho esagerato nelle richieste».
Che ne pensa dello svincolo unilaterale consentito dall'articolo 17 della Fifa?
«É una possibilità in più per i giocatori. É una strada che percorrerei. Io ad esempio ho preso Mutu quando non lo voleva nessuno. Lo stesso Cannavaro, se non lo avessi preso io, avrebbe vissuto una seconda parte di carriera meno esaltante. nella vita bisogna anche rischiare: se fossi rimasto alla Juve, il primo giocatore che avrei preso sarebbe stato Cassano».
Chi comanda oggi nel calciomercato?
«Continuano a dettar legge quelli che comandavano anche prima: ci sono procuratori padri e procuratori figli da tutte le parti. In Italia servirebbero regole uguali per tutti. invece è uguale per alcuni e un po' meno per altri».
Chi è l'uomo più potente del calcio mondiale?
«Blatter».
Quante verità sono emerse con Calciopoli?
«La vera storia di Calciopoli è da riscrivere: almeno per il 60%».

Tutti all'Inter


E chiaramente, rigorosamente, tutti stranieri.

martedì 10 giugno 2008

Maledetta ipocrisia....





La gente che ora invoca il ritorno di Marcello Lippi, è la stessa che 2 anni fa ne chiedeva le dimissioni.
"Marcello Lippi vinceva solo grazie a Moggi e ai metodi loschi della Triade (doping, Gea ecc....).
Marcello Lippi non è il mio allenatore. A casa Buffon, Lippi e Cannavaro.."
Ce ne siamo forse dimenticati?
Noi juventini non potremo mai farlo.
I giornalisti faziosi (praticamente il 95% della categoria) e il resto d'Italia, come sempre invece, farà finta di non ricordare.
Sparare su Donadoni adesso è come sparare contro la Croce Rossa.
Indifendibile.
Il campionato italiano ha espresso per ogni ruolo un giocatore determinante e in grande forma.
Difesa: Chiellini
Centrocampo: De Rossi
Attacco: Del Piero
Lasciare fuori i giocatori più in forma e più determinanti di questa stagione mi lascia basito e senza possibilità di spiegazione logica alcuna.
Donadoni non è allenatore da Nazionale.
Ma nemmeno Lippi.
Perchè coloro che Lippi l'hanno sempre criticato e insultato, non lo meritano.

venerdì 6 giugno 2008

Niente scherzi




Non ci si rafforza cedendo Marchionni, Trezeguet e Iaquinta per comprare Aquilani e Quagliarella. Anzi.

mercoledì 4 giugno 2008

Thanks Mr. Fabio


Fino al 2004 era uno dei più acerrimi nemici, nonostante avesse vestito la maglia della Juventus anche da calciatore. Poi, Fabio Capello, ne è diventato tecnico stimato e riconosciuto prima della bufera di Calciopoli.
Una bufera che ha diviso le strade tra i bianconeri e il tecnico friulano, pronto poi a tuffarsi nell'avventura al Real Madrid prima di essere investito dei gradi di commissario tecnico della nazionale dell'Inghilterra.
Una situazione che, contestualmente all'arrivo del Trap in Irlanda (stesso obiettivo, la qualificazione ai mondiali del 2010), ha messo due dei più grandi allenatori di casa nostra gomito a gomito in un ambiente calcistico del tutto nuovo.
Sentite cosa ha detto lo stesso Capello, intervistato dalla Gazzetta dello Sport, relativamente alla curiosa contemporanea presenza in terra d'Albione di due (o forse tre, considerate le indiscrezioni che vorrebbero un italiano al Chelsea) tecnici di casa nostra.
"Ben venga, o ben vengano - ha detto - Le voci sono tante. Ne ho già trovato uno di là dal... canale (d'Irlanda). Non ho ancora incontrato Trapattoni. Tardelli e Brady sì. Possiamo fondare il club juventino d'Oltremanica". Cosaaaaaaa? Il club juventino?
Ma allora, Mr. Fabio, è ancora un fan bianconero...

"Nuova Casa Juve"

Con l’acquisto di Amauri, la Juventus può guardare al futuro in maniera più fiduciosa.
Un parco attaccanti composto da Iaquinta - Del Piero – Amauri – Trezeguet - Giovinco è di primissima qualità e non ha niente da invidiare a nessuno.
Per questo voglio sperare che le voci che danno partenti un giorno Iaquinta un giorno Trezeguet siano assolutamente prive di fondamento.
Perché Amauri non è certo Ibrahimovic, Benzema, Torres o Drogba ovvero quel tipo di fenomeno che alla sola ufficializzazione dell’acquisto fa sobbalzare per la gioia un tifoso dalla sedia.
No, Amauri è un gran bel giocatore che se viene in più aumenta e di molto la tua qualità.
Ma solo se viene in più. Se viene al posto di, non ti rafforzi per niente. Anzi.
Adesso la rosa della Juventus è numericamente a posto.
Gli arrivi di Amauri e Mellberg oltre che i ritorni di De Ceglie, Criscito, Giovinco e Marchisio hanno consegnato a Ranieri le due squadre che voleva per poter competere su tutte e 3 le competizioni che vedranno la Juventus impegnata l’anno prossimo.
Cosa serve però a questa Juve per poter lottare per vincere e non solo partecipare?
Serve un aumento di qualità, ma c’è tempo per ottenerla.
Ci sono adesso gli Europei di mezzo, e chissà che magari la rassegna europea non suggerisca qualche bel colpo a sorpresa.
C’è soprattutto una Champions League da conquistare sul campo.
Al solo ricordo del Djugarden ho ancora gli incubi. Quindi mai dare niente per scontato.
Una volta ottenuta la matematica certezza di giocare nell’Europa che conta,
se la Juventus vuole tornare davvero a giocar per vincere servono assolutamente 2 campioni di livello mondiale:
uno in cabina di regia a centrocampo, uno in difesa.
Da questo non si scappa.
Niente comprimari, solo campioni.
Quando sento i nomi di Stendardo, Campagnaro, Muntari, Appiah accostati alla nostra prestigiosa maglia rimango basito.
Ma non perché loro non siano validi giocatori.
Ma semplicemente perché non vedo utilità nel loro acquisto.
Non sono i campioni che possono farci far fare il salto di qualità.
Inutile fare una lista di nomi, certo che a centrocampo arrivasse davvero uno tra Xabi Alonso e Aquilani saremmo a posto.
In difesa invece bisogna capire cosa vorrà fare da grande Criscito, e se Chiellini si può considerare definitivamente un centrale difensivo.
A quel punto, si dovrà scegliere il campione.
L’arrivo di Mellberg intanto da già da una grossa mano all’allenatore.
Chi è rimasto positivamente colpito dalla grinta messa in campo da Stendardo in questi 6 mesi di Juve, si innamorerà presto di questo svedesone. Garantito.
Quindi calma e sangue freddo.
La “Nuova Casa Juve” cresce bene, mattone dopo mattone.
Mancano ancora due mattoncini però e di grande qualità dopodichè basterà stare attenti a non sottrarre mattoncini preziosi dall’ossatura della casa, per non rischiare di fare la fine del “Go Down”.
Ve lo ricordate il giochino anni ‘80?

"Non sono un pirla..."





Non sò a voi, ma a me questo allenatore è sempre piaciuto.
Speravo infatti che Moratti confermasse "l'uomo che vince sempre".
Magari però l'atmosfera di Appiano Gentile riuscirà a rovinare anche lui...
Mai dire mai...
Caro Josè, tu forse non sarai un pirla...Ma vedrai quanti ne avrai intorno....