mercoledì 30 aprile 2008

Indovina chi....

....affiancherà Sissoko.


Aquilani, Keita, Xabi Alonso, Lucho Gonzalez, Hamsik.

Chi più ne ha, più ne metta....

Diavolo Rosso



Nella semifinale di ritorno di Champions all'Old Trafford, i Red Devils battono 1-0 il Barcellona. Decide un gran tiro di Scholes al 14'. Ai catalani non basta uno splendido Messi. La squadra di Ferguson affronterà la vincente di Chelsea-Liverpool nella prima finale tutta inglese.

L'uomo che ha deciso questo match, Paul Scholes è uno di quei giocatori che non puoi che adorare, per forza.
Mai una polemica, mai una volta la gamba tirata indietro, sempre e solo professionalità, abbinata a grande tecnica e quantità.
Uno di quelli che poi ti chiedi :
"Ma da quant'è che questo gioca a grandi livelli?Ma quanti anni ha?"
Un giocatore che sempre avrei voluto vedere in maglia bianconera.
Ma in fondo è giusto che nel calcio mercenario del 2000 esistano ancora bandiere di cui i tifosi possono andare fieri.
Se passate da Manchester chiedete ad un tifoso dei Red Devils cosa pensa del "Rosso".
Uno di quei campioni che speri sempre che non si ritirino mai....

"Ha pagato solo la Juve"

Nei miei cinque anni e tre mesi a Torino, sono stato l’unico dei tredici direttori di Tuttosport a raccontare la stagione della Juventus in serie B e tutto ciò che l’ha determinata.
E’ e resterà un primato assoluto che nessuno – ne sono certo – potrà neppure tentare di strapparmi.
Primo, perché credo che la Juventus mai più retrocederà in serie B (o, come accadde, venga nuovamente retrocessa a tavolino).
Secondo, perché quando successe, fui commiserato e molti profetizzarono, se non la chiusura, almeno un drastico ridimensionamento del giornale.
In quei giorni di primavera del 2006, eravamo proprio alla fine di aprile, mi sentii gravato da un’enorme responsabilità, ben maggiore di quella che normalmente pesa su un direttore di giornale, uomo che – per definizione - è sempre solo al comando e sempre con la morte in tasca (parlo della morte professionale, naturalmente).
Si trattava di affrontare la più grave congiuntura del mondo del calcio italiano, colpito da uno scandalo madornale (anche se non il più grave della sua storia per chi ricordi il 1980, che produsse una quindicina di arresti, appena fuori dagli spogliatoi, tra giocatori e dirigenti, oltre a Milan e Lazio declassati in serie B e i rossoneri per la prima volta), non solo a ridosso di un appuntamento planetario come la Coppa del Mondo in Germania, ma anche e soprattutto fiaccato nella sua credibilità: la maggiore imputata, infatti, era la Juventus. Cioé la società più titolata d’Italia, la squadra che nell’ultimo decennio più aveva vinto e maggiormente si era imposta come modello di organizzazione e gestione. Inoltre – ed era questo a farmi rabbrividire – quella che può contare sul maggior numero di tifosi in Italia. Prima della rabbia per la fondatezza delle accuse e per il trattamento mediatico che si stava allestendo – un clima forcaiolo senza garanzie e con un grado di giudizio sportivo arbitrariamente abolito dal Commissario straordinario Guido Rossi – mi immaginai lo sconcerto, la delusione, l’amarezza e l’autentico dolore del pubblico juventino. Temevo che su quelli finisse ripiegato.
Abbozzammo l’idea di una reazione pubblica, di un atto che restituisse dignità ai successi sul campo, che risvegliasse il senso di appartenenza. Fu come provocare un terremoto. Gli scudetti che sembravano essere visti dagli juventini con snobismo per la semplice ragione di averne vinti tanti, furono difesi a spada tratta, contestata apertamente la patetica linea difensiva dell’avvocato e della società, sollecitato il ricorso al Tar.
Mai nel popolo bianconero si era aperta una mobilitazione tanto vasta e tanto profonda, mai si era percepita una solidarietà tanto estesa.
Mai, per esempio, avremmo pensato di veder i tifosi della Juve marciare per le vie di Torino alla fine di luglio, dopo essersi ritrovati in oltre ventimila provenienti da tutta Italia.Tuttosport seppe diventare il terreno di confronto privilegiato, un giornale che si distinse per diversità rispetto all’appiattito panorama della stampa italiana, colpevolista a prescindere e spesso incapace di attenersi esclusivamente ai fatti. Fummo i primi a scrivere che in quello scandalo c’entrava anche il Milan (e in che misura lo si vide) e che la Fiorentina, stando agli atti, era la più pesantemente coinvolta. Purtroppo sia la ricerca della verità (dimenticati e sottovalutati i colloqui tra un dirigente dell’Inter e Paolo Bergamo a proposito dell’assegnazione di un arbitro internazionale, come le molte pressioni denunciate dallo stesso Bergamo dall’intero del mondo calcistico), sia l’equità delle pene non furono minimamente rispettate.
L’unica a pagare, coerentemente con l’impianto accusatorio allestito e nonostante la mancanza totale di almeno una contestazione di illecito, fu la Juve: due scudetti in meno; estromissione dalle Coppe; retrocessione in serie B; penalizzazione. Nessuno prima di allora era stato punito così duramente.
Ammesso che quella sentenza fosse legittima, perché altri se la cavarono senza retrocedere? Perché il Milan conservò il diritto, giustamente contestato dall’Uefa, di partecipare alla Champions League, poi addirittura vinta sul campo? Perché gli scandali precedenti e successivi, dai passaporti truccati alle palesi irregolarità amministrative, non conoscono lo stesso rigore?Aspetto. Ma se da tempo conosco le risposte: pretestuose, ipocrite, farisaiche, disoneste.

Giancarlo Padovan

venerdì 25 aprile 2008

La terza stella.....





Scuote la testa, Giovanni Cobolli Gigli, e apre il palmo delle mani, come dire «andiamoci piano», quando presentando le medaglie della Juve si fermano a ventisette scudetti: «Non ne ha ventisette - precisa qualche minuto dopo il presidente bianconero dal palco - perché nel suo cuore e nei piedi dei suoi campioni ce ne sono ventinove. E quei due sono stati tolti per colpe che qualcuno ha deciso di attribuirci».
Basta, per innescare l’applauso più rumoroso dentro al piccolo teatro sociale di Alba, nel cuore delle Langhe, sessanta chilometri da Torino, dove Cobolli Gigli e Claudio Ranieri sono ospiti di Vinum. Dentro la Juve e fra la sua gente, non c’è il presentimento di catastrofe imminente che s’aggirava nel 2006, ma fastidio sì. Mica è un caso se il presidente, fra battute sulla passione per il vino («capita ne beva più un bicchiere di troppo che un bicchiere di meno»), ricordi il deferimento che ha colpito la Juve mercoledì, «per responsabilità diretta» nelle attività di Luciano Moggi. Senza una domanda, un’imbeccata, il messaggio decolla in automatico:
«Qualcuno - dice - sta pensando nuovamente di portare la Juve in ambienti non di calcio: la vostra preoccupazione, è la mia. Però, abbiamo già espiato: e non è più il momento di pagare, ma sarebbe ora di concentrarci sullo sport. Siamo convinti di aver già pagato un prezzo molto salato. Così come i nostri campioni e quelli costretti a lasciarci, sono convinti di aver vinto quegli scudetti sul campo, con onestà e gloria sportiva». Applausi.
Non ci sono più di cento persone, dentro al teatro, ma paiono un buon campione dei tifosi bianconeri che, da due giorni, affidano la loro rabbia ai blog su internet o alle discussioni per la strada. Impregnate di cattivissimi pensieri, illazioni e indimostrabili sospetti: proprio ora sparano sulla Juve - è la tesi - con la Champions in mano e il Milan lontano.
Calciopoli non è mai stata digerita, se mai ci fosse qualche dubbio.
«Queste sono cose che ho sentito in giro, ma alle quali ovviamente non posso assolutamente credere. Altrimenti non sarei qui a fare il presidente», taglia via tutto Cobolli Gigli. Il fastidio per un nuovo processo, pur con rischi assai minori, resta, ancor più con l’annuncio arrivato sullo sprint della stagione: «Sono cose che non si augurerebbe di ripetere. Ma la risposta della squadra e del tecnico sarà una determinazione ancora maggiore». Questa volta, c’è però la convinzione di uscire senza danni: «Noi rispettiamo l’ufficio indagini, ma siamo convinti di aver pagato un prezzo molto alto per le eventuali vicende create da una precedente gestione, fatti che io non ho ancora capito cosa siano stati, ma che ci sono stati. Ma, ripeto, abbiamo pagato, con la retrocessione in serie B, la penalizzazione, due scudetti: ripercussioni sportive drammatiche». Insomma, per quel campionato 2004-05 colpito prima dalle sentenze, poi cementato dall’arbitrato, nulla può più essere sanzionato: «A noi sembra un conto che abbiamo ampiamente forfetizzato». Intanto, si prepara comunque la linea difensiva: «Quando gli avvocati avranno letto tutta la documentazione, armeremo le forze per far valere le nostre ragioni». S’è armata, la Juve, anche per il duello di mercato con il Milan, gonfiato dalla parole dell’ad bianconero Jean Claude Blanc sul possibile acquisto del centrocampista francese dell’Arsenal, Mathieu Flamini: «Noi faremo la Champions, il Milan non lo so», aveva detto. «Ma noi abbiamo il massimo rispetto del Milan, e la battuta di Blanc penso sia stata mal interpretata», spiega Cobolli Gigli che ha telefonato a Galliani, riannodando i rapporti diplomatici. E se per Amauri l’affare è ben avviato («stiamo trattando»), l’impressione è che per Flamini si sia fatta difficile. Anche se le parole del presidente che paiono calzare per la situazione del francese, erano dedicate a un’analisi generale: «Non facciamo aste, non ci piace gettare via i soldi dalla finestra». Quindi, nessuna follia: «Non c’è un tetto salariale, però siamo una società quotata che si autofinanzia. Allora, sappiamo quanto possiamo spendere». Per uno come Flamini, forse meno, di quel che chiede.Una telefonata di Moggi, per capire cosa è successo con Calciopoli: è il desiderio espresso da Marcello Lippi, ct dell’Italia campione del mondo nel 2006. «Mi farebbe piacere se Moggi mi telefonasse - ha detto Lippi, a Sky - e mi spiegasse cosa è veramente successo in questi ultimi due anni, perchè io non lo so». Lippi ha lavorato con Moggi nella Juventus dal 1994, primo anno per entrambi, al ‘99 vincendo tre Scudetti, una Coppa Italia, due Supercoppa italiana, una Coppa dei Campioni, una Supercoppa europea, una Coppa Intercontinentale. Lippi tornò poi alla Juve (sempre com Moggi) nel 2001 per vincere in tre stagioni altri 2 scudetti e 2 Supercoppe Italiane. Lasciò per la panchina azzurra, gli subentrò Fabio Capello. Che vinse due titoli, cancellati da Calciopoli, in due anni. A Lippi non resta che lasciare libero il telefono.

giovedì 24 aprile 2008

Guardar avanti dimenticar mai

Continueranno a voler farci credere che Calciopoli è stato un processo vero e che la Juventus meritava di subire tutto quello che ha subito.
Ma a noi, che sin dal primo giorno abbiamo capito che il Processo era un Farsa, non ci piegheranno mai.
Perchè ricordate, come diceva Lincoln:
"Potete ingannare tutti per qualche tempo e alcuni per tutto il tempo, ma non potete ingannare tutti per tutto il tempo" 

mercoledì 23 aprile 2008

Che la farsa continui...


CALCIOPOLI: RAPPORTI CON ARBITRI, DEFERITI MOGGI E FABIANI

La Procura federale ha emesso nuovi deferimenti a carico di Moggi e di altri dirigenti e arbitri in merito alla vicenda Calciopoli.
L'ex direttore generale della Juventus è stato deferito "per avere costituito nel corso della stagione 2004/2005 in concorso con Mariano Fabiani un sistema di comunicazioni riservate con associati Aia, fornendo ad alcuni di essi, direttamente o per interposta persona, schede telefoniche di gestori stranieri e per essersi avvalso personalmente di tale forma di comunicazione riservata".
Moggi è stato deferito anche per aver svolto fino alla stagione 2005-2006, quando ancora era ancora tesserato dalla Juve, "funzioni di fatto di dirigente del Messina, collaborando con i suoi dirigenti, Franza, Fabiani e Bonsignore".
Con Moggi sono stati deferiti gli stessi Fabiani, oggi dirigente della Salernitana, Franza e Bonsignore, per responsabilità oggettiva la Juventus e il Messina.
Il procuratore federale ha deferito inoltre gli arbitri Gianluca Paparesta, Romeo Paparesta, Tiziano Pieri, Salvatore Racalbuto, Stefano Cassarà, Antonio Dattilo, Paolo Bertini, Marco Gabriele, Massimo De Santis, Marcello Ambrosino "per avere utilizzato schede telefoniche di gestori stranieri e per essersi così avvalsi del sistema di comunicazioni riservati costituito da Moggi e Fabiani".

C'eravamo tanto amati...


Tutto è cominciato con Flamini. Ma ora Juve e Milan si guardano in cagnesco anche per Amauri e Borriello. In via Turati in particolare non hanno gradito l’incontro di domenica a Bergamo tra il d.s, bianconero Alessio Secco e Tiberio Cavalleri, agente di Marco Borriello.
Il d.s. bianconero ha chiesto informazioni sul capocannoniere del campionato ora al Genoa (in comproprietà). Ma non ha fatto altrettanto con la dirigenza rossonera.
Uno sgarbo secondo la dirigenza rossonera, proprietaria dell’altra metà del cartellino dell’attaccante.
E l’adrenalina è salita ancor di più dopo la lettura dei giornali.
La frase dell’a.d. juventino Jean Claude Blanc sulla scelta di Flamini, "La Juve è in Champions, il Milan no", suscita una replica al vetriolo.
"Il club campione del mondo non può replicare ad una neopromossa".

lunedì 21 aprile 2008

I fatti, non le parole.



Avrei voluto scrivere questo pezzo dopo una sconfitta della Juventus, o dopo errori tattici da rinfacciare a Ranieri.
Lo faccio invece adesso.
Troppo facile penserà qualcuno. Non mi importa.
Voglio render il giusto merito ad un allenatore su cui sono stato molto scettico sin dall’inizio e che tutt’ora a volte mi lascia perplesso e mi fa arrabbiare per talune scelte tattiche.
Ma di fronte ai numeri c’è poco da obiettare.
La stagione della Juventus di quest’anno è un capolavoro.
Più di quello che si sta ottenendo sul campo, non si sarebbe obiettivamente potuto ricevere.
A Ranieri va dato quindi il giusto merito di aver preso una neopromossa e di aver quadrato il cerchio in pochissimo tempo, rendendola subito competitiva a partire sin dalle prime giornate.
E’ vero, in primis ha pensato (forse anche troppo) a quadrare la fase difensiva e in tante partite ha rinunciato, molto spesso a torto, alla qualità privilegiando la quantità.
Di queste scelte però ne ha pagato le conseguenze con le tantissime critiche ricevute durante il corso del campionato.
Gli si è contestato inoltre la mancanza di qualità di gioco.
Bisogna esser onesti però e rimarcare che se in assenza di Camoranesi ad impostare il gioco ci pensano Nocerino, Tiago o Almiron la colpa non può esser solo la sua.
Questa Juventus ha bisogno tantissimo di innesti di qualità. E non ne basteranno un paio.
Il crollo fisico e lo spaventoso numero di infortuni dell’Inter avuti nella seconda parte del campionato non deve ingannare:
con Vieira, Cambiasso, Ibra, Samuel, Cordoba ecc…questa Inter dista ancora tantissimo.
Quindi è giustissimo confermare Ranieri e dargli la possibilità di scegliere giocatori (come fatto anche con il suo pupillo Sissoko) che possano migliorare il tasso di qualità di gioco della squadra bianconera nel futuro.
L’anno prossimo poi sarà il vero banco d’esame per il Mister.
Perché la Juventus partirà nuovamente per vincere.
A Torino, lottare 2 anni consecutivi solo per il gradino più basso del podio non è assolutamente consentito.
Quindi tra il calciomercato estivo prossimo e le scelte future di Ranieri vedremo se il tecnico trasteverino compirà finalmente quel salto di qualità che gli possa consentire di rinfacciare a tutti i suoi detrattori quella frase che da sempre lo accompagna:
“non ha mai vinto niente di importante”.
Per chiudere, poi, sempre tornando in temi di fatti:
dove sono finiti tutti coloro che da 10 anni a questa parte ad ogni minimo calo fisico del capitano, sono pronti a contestare Del Piero?
Capitano e Campione con la C maiuscola.
E anche le perplessità al riguardo degli ingaggi strappati nel corso della sua carriera sono solo cattiverie di chi non ha il coraggio di ammettere che questo giocatore è un Fenomeno vero.
Uno che ogni volta che lo critichi è lì pronto a tirare fuori la lingua per risponderti:
“tiè, questa è per te!”
Uno che ogni volta che cade, sai già che quando si rialzerà tornerà più forte di prima.
E allora che la Juve del futuro riparta da Ranieri e da Del Piero.
Perché nella vita contano i fatti. Non le parole.

giovedì 17 aprile 2008

Per una volta....

"Se Cassano avesse mandato a quel paese l'arbitro come ha fatto Totti con Rizzoli, gli avrebbero dato cinque giornate di squalifica".
Roberto Mancini

"Sui fatti di Udine ho già detto quel che pensavo, non ho risposto e non rispondo più sull'episodio e sulle critiche successive: per me è un argomento chiuso. So che girano voci secondo le quali avrei mancato di rispetto all'allenatore dell'Inter Mancini: nulla di più falso. Io non ho parlato e non parlo di quel che è successo domenica e dei suoi seguiti".
Francesco Totti

"A me sembra che Mancini abbia le idee un po' confuse, infatti si era dimesso e poi ci ha ripensato. Mi sembra che abbia problemi ben più gravi di gestione, i vaffa gli arrivano dai suoi giocato­ri".
Bruno Conti

"Totti mi sta simpatico come ragazzo e mi piace come calciatore ma non ha bisogno della badante. Io resto del mio parere, ma a mio avviso Conti è stato molto maleducato rivolgendosi in quei termini, ha tirato in ballo cose che non c'entravano niente. Quando lo vedrò glielo farò presente".
Roberto Mancini Bis

Non sò voi, ma per una volta mi sento di esser d'accordo con Roberto Mancini.
L'allenatore dell'Inter ha solamente espresso, finalmente, un concetto serio:
al posto di Totti ci fosse stato Cassano, o altro giocatore, avrebbe preso 5 giornate di squalifica.
E' incredibile come l'As Roma, i tifosi, la stampa romana e tutto ciò che circonda Totti sia sempre pronto a difendere questo giocatore anche quando è indifendibile.

Trovo assolutamente incredibile poi, la difesa di Bruno Conti.
E c'è ancora chi si domanda perchè un campione come Totti, non è mai stato un vero leader?

Semplice, nessuno l'ha mai fatto crescere imparando dai suoi errori.
Gli si è sempre giustificato tutto.
Sempre parte lesa, mai colpevole.

Valanga Juve




lastampa.it
Aspettando le notturne di Coppa nella prossima stagione, la Juve si è impratichita battendo per 3-0 il Parma nel recupero infrasettimanale della partita rinviata il 30 marzo per la morte di Matteo Bagnaresi, il tifoso emiliano investito da un pullman in autogrill.
Chi aveva ancora negli occhi le emozioni del match di sabato scorso contro il Milan ha avuto la forte tentazione di chiuderli: altra serata, altra storia, anche un Del Piero tornato per una sera tra gli umani e ormai si è visto quanto il suo gioco pesi sulla spettacolarità della Juve.
La rete di Trezeguet ha stemperato presto le incertezze, sempre legate alla Juve quando gioca con le avversarie più deboli senza metterci l’energia di quando affronta le grandi.
I bianconeri questa volta sono andati al riposo addirittura in vantaggio di due gol (dopo le disavventure di Palermo è la seconda partita consecutiva che realizzano due reti nel primo tempo) e si capiva che il Parma non avrebbe risalito la corrente neppure se l’avessero trascinato con le corde: Hector Cuper, l’«hombre vertical», l’uomo del 5 maggio e che all’Inter imponeva le mani sul petto dei giocatori prima di entrare in campo come a toccarne il cuore, ha ben poco da riscaldare in questa squadra che naviga ai bordi della serie B.
Del resto quando si rinuncia volontariamente a due punte come Lucarelli e Budan, per averli più freschi contro il Napoli, si trasmette un messaggio chiaro: ragazzi qui c’è poco da fare, pensiamo al futuro.
Un futuro cui, per altri versi, sta guardando la Juve. Ormai si parla del mercato più che di classifica. L’ultima voce riguarda il terzino sinistro del Marsiglia, il nigeriano Taiwo, un altro dei tanti imbarcati sulla scialuppa dei possibili acquisti. Il fatto è che i tifosi ormai si preparano agli addii, aspettano i cambiamenti per cui uno come Palladino, che è nella lista dei possibili partenti, appena svirgola un pallone lo fischiano: neppure il gol squisito (traversone di Camoranesi al 30’, incertezza di Zenoni, Palladino entra in area e con il destro disegna un diagonale perfetto) è bastato a riconquistargli la simpatia di chi lo considera già un pezzo del passato. Non sappiamo come sarà disegnata la Juve della prossima stagione, e molto dipenderà dall’arrivo di Amauri, ma quella attuale è sempre più salda al terzo posto. Gli otto punti sulla Fiorentina sono una buona garanzia contro le rimonte, i sette dalla Roma un ostacolo alle speranze di risalire di una posizione. Un limbo dorato in cui Ranieri, acclamato dai tifosi, può valutare certe cose. Ieri ad esempio ha provato, per gli infortuni di Zanetti e Sissoko, un centrocampo inedito, chiedendo a Camoranesi di fare ancora il regista centrale. A lui non piace, e lo ha detto, eppure con la maturità che ha raggiunto trovarsi sempre in mezzo al gioco ne moltiplica l’efficacia: è curioso che non lo consideri, potrebbe riservarsi anni ancora più brillanti per il finale di carriera. L’oriundo argentino è entrato nelle azioni dei primi gol. Sul primo ha deviato di testa l’angolo battuto da Del Piero e nella mischia Trezeguet, vicino al palo, è stato il più rapido a toccare in porta: c’erano sia una spinta di Camoranesi su Zenoni sia il fuorigioco del francese, rete poco regolare ma nell’andamento della partita non c’è mai stata l’impressione che il Parmetto di Cuper potesse sopravvivere a lungo. Il gol di Palladino rendeva meno interessante il tutto, l’arbitro Banti sballava decisioni sulle quali il Parma protestava con qualche ragione, però ignorava un cazzotto da espulsione (e rigore) di Couto a Chiellini nel primo tempo: il portoghese rimediava con la solita gentilezza alla svista facendosi espellere nella ripresa, subito dopo la terza rete juventina frutto della deviazione decisiva di Morrone su un tocco di Tiago.

martedì 15 aprile 2008

"Una vergogna"


Il direttore generale dell'Udinese, Pietro Leonardi, intervenendo a Radio Radio Tv, ha definito "una vergogna" il fatto che Totti abbia chiamato il designatore Collina per scusarsi delle offese rivolte all'arbitro Rizzoli durante la gara tra Udinese e Roma:
"Quando io ho chiesto di parlare con il settore arbitrale per l'espulsione di Dossena, mi è stato risposto che la sede più opportuna erano le riunioni tecniche. Poi leggo che Totti chiama Collina: come si possono avere certi numeri?"

Juve, l'Europa ti aspetta


Brazzo Salihamidzic, l’uomo che scappò da Sarajevo con l’ultimo aereo prima che scoppiasse la guerra, ha rovinato a Berlusconi le prime ore del suo weekend più lungo e grazie ai due gol di questo comprimario bosniaco preso a costo zero, e fin qui in bilico tra il bene e il male, la Juve si è assicurato un posto tra le quattro che parteciperanno alla Champions League. Il 3-2 al Milan non ha il sapore del successo di San Siro sull’Inter, nè di quando questa era la sfida reale per lo scudetto, però conforta la teoria per cui la Juve può avere intoppi contro le avversarie medio o piccole ma regge benissimo il confronto con le più forti. O, nel caso del Milan, con le presunte tali. E’ un segnale di buon carattere e di una qualità media che non è da buttare. Lavorandoci su, ne potrà uscire qualcosa già dalla prossima stagione, esito che sarà più complicato per il Milan che richiama Shevchenko e ingaggia Ronaldinho come mossa paraelettorale e non si accorge che il restyling più profondo non va portato all’attacco. I rossoneri hanno perso giocando gli ultimi 25 minuti in dieci per l’espulsione di Bonera, entrato con smodata irruenza su Sissoko, e l’inferiorità numerica ha inciso su una squadra già povera di energie. Tuttavia i difetti ci sono e non li maschera neppure la ritrovata vena realizzativa di Inzaghi. Basta pensare al modo in cui la difesa milanista ha lasciato Salihamidzic per due volte solo davanti alla porta, quasi che i danni non potessero arrivare da uno come lui. Invece il colpo di testa del bosniaco al 35’ sulla punizione di un Camoranesi immenso costa ai rossoneri molte possibilità di restare nell’Europa che conta.Le reazioni alla sconfitta di Palermo hanno prodotto nella Juve due effetti. Il primo è stato di riaprire le porte a Tiago, di cui Camoranesi aveva detto in settimana che non capiva perchè restasse sempre fuori: Ranieri lo ha accontentato ma i dubbi sono rimasti perchè con il portoghese siamo ancora lontani da una regia convincente ed efficace. Per non sbagliarsi, Del Piero e Camoranesi hanno continuato come se niente fosse: il gioco d’attacco è passato soprattuto per i loro piedi e le loro invenzioni, fuori dagli schemi. Il secondo effetto è stato di mettere peperoncino alla partenza dei bianconeri, fin qui generosi nel regalare i primi 45 minuti agli avversari: la Juve partiva finalmente su di giri e dopo 12 minuti arrivava il gol di Del Piero, uno dei più rapidi della stagione. Chissà quale benefico sprone ha scovato Ranieri dal fondo dell’armadio con le giacche, sta di fatto che si vedeva un cambiamento rispetto al passato degli (appena) 13 gol segnati nel primo tempo sui 53 totali. E’ stata subito uno spettacolo vivace. Squadre aperte, difese pure.Quella rossonera era ampiamente rabberciata dalle assenze di Nesta, Kaladze e Jankulovski. Simic, gettato là in mezzo, senza le panchine o le seggiole cui si era abituato, non teneva Del Piero nell’azione del primo gol, diagonale perfetto su lancio di Camoranesi ma sullo scatto del capitano juventino si poteva fare meglio. Così come la difesa della Juve si impappinava sui due gol di Inzaghi. Pazienza per il primo, perchè quando Kakà innesta il suo spunto diventa raro fermarlo e il cross del brasiliano era perfetto per la deviazione in porta (ma che marcature, con Chiellini uscito a contrastare Kakà e Molinaro anticipato da Inzaghi?). Sul secondo, il pasticciaccio era evidente: Bonera saltava i difensori piantati sul lancio di Ambrosini ed era bravo ad appoggiare la palla per il più classico dei gol di Inzaghi: libero e solo a cinque metri dalla porta vuota.Alla mezz’ora la Juve si ritrovava in svantaggio nei numeri ma nel gioco valeva più o meno il Milan, che non ha il palleggio di un tempo e neppure l’aggressività tuttavia con la formula Kakà-Inzaghi di punta ha rigenerato l’attacco: lo si era visto contro il Cagliari, si è confermato ieri. Il problema, anche per Donadoni, è nel ritmo del centrocampo, che sarà quello dell’Italia agli Europei: Pirlo è in un momento di mollezze, Gattuso e Ambrosini hanno smorzato il gas. Seedorf invece si è beccato gli ululati di un gruppo di tifosi tra il razzista e l’imbecille (episodio che ha segnalato all’arbitro e la Juve come minimo sarà multata) ma nella posizione di esterno a sinistra non ha fatto molto più che prendersi un paio di calci da Camoranesi, il quale favoriva inoltre il 2-2 con un cross magnifico che Trezeguet deviava di testa addosso a Kalac, e Salihamidzic ribatteva in porta. Se l’ex juventino Veltroni ci avesse pensato prima avrebbe imbarcato in lista pure lui.

sabato 12 aprile 2008

Sir Capello



Shall we speak english?
«In italiano, per favore».
Non parla ancora inglese?
«Sto migliorando ma preferisco procedere step by step».
Fabio Capello, friulano, da dicembre scorso è l’allenatore della Nazionale inglese. Appena nominato ha detto che in un mese avrebbe parlato la lingua. Con i calciatori dice di farlo già («il linguaggio del football è più semplice»), ma per i tabloid britannici il suo inglese è ormai oggetto di burle. L’ultima è del “Sun”, che come pesce d’aprile ha pubblicato un articolo in cui scrive che il ct, non essendo in grado di comunicare con i giocatori, ha chiesto loro di imparare l’italiano.
Lo incontro in Italia dove è venuto anche per testimoniare nel processo contro la Gea, la società di procuratori, coinvolta nello scandalo di Calciopoli. All’epoca dei fatti Capello era l’allenatore della Juventus. Seduti vicini sul sedile posteriore dell’auto, mentre lo intervisto, si interrompe di continuo per correggere chi guida.
«Per piazzale Corvetto devi andare a destra, poi dritto».
E ancora:
«No, perché giri qui? Più avanti, ti ho detto che dovevi andare dritto».
Due ore prima mi aveva rimproverata per avergli dato indicazioni imprecise su come arrivare al ristorante. Capello è così («Rigido, dice mia moglie»), ma non antipatico. Mentre parliamo, le rughe d’espressione del viso si allargano spesso in un sorriso. È un bell’uomo, ha una chioma folta, occhiali di design e gusto nel vestire. Anche se il meglio di sé lo offre in jeans e maglietta. Che fisico asciutto. Come fa a mantenersi in forma?
«Faccio attenzione a quello che mangio. Dal giorno dopo aver smesso di giocare ho dimezzato le calorie, poi le ho ridotte a un terzo».
Eppure si dice che ami la buona cucina.
«Molto, e anche i buoni vini. Ma tutto con moderazione, non mi sono mai abbuffato in vita mia, di niente».
Però è amico di Moggi, che, secondo l’accusa, avrebbe fatto abbuffare la Juventus di vittorie non proprio pulite.
«Sono amico non solo di Moggi, ma anche di Bettega e Giraudo. Del sistema Moggi io non mi sono mai accorto. I risultati della Juventus sono stati ottenuti regolarmente sul campo, da me e dai giocatori, soffrendo e lottando. I pasticci arbitrali peraltro mi sembra ci siano anche quest’anno; però, ora che non è più la Juve a vincere, tutti sono d’accordo nel chiamarli errori. E comunque, la più bella risposta a Calciopoli l’hanno data i giocatori, vincendo il Mondiale».
L’esistenza del sistema Moggi, però, è provata dalle intercettazioni.
«Nell’anno del secondo scudetto, quello che ci hanno tolto, non c’era nessuna intercettazione. Comunque, se la giustizia dice che Moggi e gli altri hanno fatto qualche errore è giusto che paghino, ma restano amici. Tra noi non c’era solo un rapporto di lavoro: uscivamo a cena insieme, o con le nostre mogli, e non si possono cancellare certe cose. Insomma, se uno sbaglia per me non è automaticamente morto».
Eppure era stato proprio lei, da allenatore della Roma, ad accusare Moggi di uno strapotere sul mercato del calcio.
«Non parlavo solo della Juve, ma anche di Milan e Inter. Quando allenavo la Juventus, invece, non mi occupavo direttamente del mercato».
Durante la testimonianza nel processo contro la Gea, principale imputato Moggi, il pm l’ha accusata però di reticenza e ora rischia un’imputazione per falsa testimonianza.
«Mi ha molto sorpreso. Ero già stato sentito dal pm come testimone durante l’inchiesta e in occasione del processo ho ripetuto le stesse cose che gli avevo già detto. Sono convinto che tutto si sistemerà presto».
Nei mesi scorsi ha avuto guai anche con il fisco. Non c’è il rischio che gli inglesi si irritino per tutti questi problemi giudiziari, vista anche la fama della stampa britannica?
«Rispondo alla Football Association e con loro mi sono chiarito. Se c’è una cosa che ho sempre detto ai miei consulenti è che non volevo finire in prima pagina per problemi con il fisco, invece è successo. Siccome sono ultraconvinto che tutto sia stato fatto in maniera corretta, sono tranquillo. Poi, certo: i media inglesi sono concentrati sul ct della Nazionale, forse troppo, e non me l’aspettavo. Ma lì qualunque giornale ha almeno tre pagine di sport e forse c’è pressione perché sono decenni che non vincono nulla».
Non sarà che un allenatore straniero dà fastidio?
«Può darsi. Ma il mio obiettivo oggi è capire che giocatori mettere in campo per le qualificazioni ai Mondiali».
È vero che allenare in Inghilterra era il suo sogno?
«Sì. Ho sempre pensato che avrei chiuso la carriera allenando una Nazionale, l’Inghilterra era per me un’idea fissa. Il calcio inglese è più fisico, ma allo stesso tempo c’è più in campo. Gli stadi sono sempre pieni, famiglie che possono andare sugli spalti indossando la maglia della squadra del cuore. C’è il tifo, ma quando finisce la partita sono tutti sereni».
In Italia la situazione è diversa. La settimana scorsa è morto un altro ragazzo, un tifoso del Parma, travolto da un pullman di juventini in un autogrill.
«In Italia non c’è la volontà politica di risolvere il problema della sicurezza. Il calcio è lo specchio del nostro governo: nessuno vuole prendere decisioni impopolari per quanto utili. Non si capisce perché solo in Italia i tifosi godono della totale impunità; in Inghilterra se tiri una bottigliata vai in galera, qui no. Quando prendono provvedimenti non durano più di un mese. Per questo gli stadi in Italia sono mezzi vuoti: fanno una gran tristezza. Se non puoi portare alla partita un bambino, lui non si innamorerà mai di quel gioco».
Lei i suoi figli li portava allo stadio?
«Sì, ma Pierfilippo, il maggiore, allo stadio leggeva».
Come allenatore ha mai subito episodi di violenza?
«Verbale sicuramente. Soprattutto quando ho lasciato la Roma per la Juve; per i due anni successivi quando andavo nella capitale mi era stato chiesto di avvisare la polizia per evitare incidenti».
Per questo ha dichiarato di non voler allenare la Nazionale italiana?
«Questo sarà il mio ultimo incarico, sono vecchio. E comunque non mi ha mai stimolato l’idea di allenare l’Italia. Che, peraltro, mi sembra sia in buone mani».
Veramente dicono che Donadoni rischi il posto.
«Donadoni sta andando benissimo, si è qualificato per gli Europei: più di così che cosa doveva fare? Mi piace Donadoni, mi piace Lippi, mi piacciono le persone serie che non vendono fumo e che raggiungono risultati concreti».
Si dice che lei dia regole severe ai suoi giocatori: rispetto degli orari, niente sesso prima delle partite.
«Non sono severo. Semmai esigente e per il poco tempo che stiamo insieme ci tengo al rispetto delle regole, perché significano rispetto per me e per i compagni di squadra. Poi sono disponibile a tutti i giochi e agli scherzi che si possano immaginare».
Ha avuto in squadra anche teste calde. Penso a Cassano quando eravate alla Roma.
«Cassano è un caso a parte. È forse il più grande talento italiano degli ultimi anni e si sta rovinando con le sue mani. È un ragazzo buonissimo, generoso, ma ogni tanto “sbrocca” e fa cose incontrollabili, diventa ingestibile. Alla Roma ci abbiamo provato, avevo un bel rapporto con lui, ma ci siamo arresi. Ti dà ragione e poi dopo dieci minuti è come prima».
Ha fatto la pace invece con Beckham, che con lei al Real Madrid ebbe qualche incomprensione? Grazie a lei ha raggiunto la sua centesima presenza in Nazionale.
«David nella realtà è un ragazzo completamente diverso dalla sua immagine pubblica, che evidentemente risponde ad altre logiche. Generoso, educato, l’ho visto firmare centinaia di autografi ai ragazzini».
Dà confidenza ai giocatori?
«No, perché ti si può ritorcere contro quando decidi di vendere un giocatore. Ma ho sempre cercato di aiutare i giovani perché io stesso sono andato via di casa a 15 anni e capisco le difficoltà di chi inizia a giocare. Le faccio un esempio: una volta un calciatore, si allenava già in prima squadra, mi dice: “Senta mister, io d’ora in poi non vengo più a giocare perché vado a suonare”. Gli ho chiesto se ci aveva pensato bene perché aveva le qualità, poi gli ho detto: “Vai, ma sappi che quando vuoi tornare la porta per te è sempre aperta”. Dopo 40 giorni è tornato e l’abbiamo riaccettato».
Chi era?
«Il nome non lo dico ma le assicuro che sta facendo una bella carriera. Con i calciatori mi sono sempre comportato come con i figli: io ci sono, ma li lascio liberi di fare le loro scelte. Infatti i miei a 21 anni erano già fuori casa, i trentacinquenni a casa con papà e mamma non vanno bene».
Che padre è stato?
«Non assillante. Mia moglie li seguiva di più».
Come descriverebbe sua moglie Laura?
«Una donna tranquillissima, maestra, che si è dedicata come missione a fare la casalinga e a tirare su i figli. L’ha fatto con gioia e l’ha fatto molto bene; sono due bravi ragazzi. Uno fa l’avvocato e l’altro l’analista finanziario».
Li avrebbe voluti calciatori?
«Hanno provato ma non avevano molta attitudine».
L’ha capito subito?
«Sì. Allora gli ho detto che era meglio che studiassero».
Lei si è diplomato geometra mentre giocava a calcio. Le è dispiaciuto non fare l’università?
«Sì. Se ci fosse stato l’Isef forse avrei fatto quello. Oppure Architettura».
So che è un collezionista d’arte moderna. Come è nata questa passione?
«Merito di Italo Allodi, quando lui era dirigente della Juve e io giocavo in bianconero. Avevo 24 anni, lui era socio in una galleria di Milano e un giorno ha portato me e altri giocatori a vedere dei quadri, avvicinandomi all’arte. Sia io che Bettega siamo diventati collezionisti».
È vero che i calciatori ai suoi tempi erano più colti?
«Non saprei. Di certo ai nostri tempi non c’erano le veline e gli ingaggi erano diversi. Quando giocavo io, a fine carriera potevi sperare di avere due appartamenti e una tabaccheria, adesso chi riesce ad arrivare in alto si è sistemato per la vita. Ma io ho avuto la fortuna di beccare il momento buono come allenatore, quindi non mi lamento».
Ha ricordi dell’Avvocato quando lei giocava nella Juve?
«Mi ricordo che veniva a trovare noi giocatori a Villar Perosa, ci salutava, diceva due o tre battute fulminanti, e ripartiva con l’elicottero. Per spiegarti una cosa non ci metteva mezz’ora, era diretto e conciso come piace a me».
E Berlusconi? È stato lui a lanciarla come allenatore.
«Se l’Avvocato era un vulcano di sentenze, Berlusconi è un vulcano di idee, grande carisma. Berlusconi poi lo conosco meglio, con lui ho avuto un vero rapporto di lavoro».
Le piace anche come politico?
«Penso che sia uno bravissimo quando fa da solo. Quando deve accontentare tutti meno».
Lo voterà?
«Sì. Voterò a Londra, come residente all’estero. In passato ho votato socialista, poi la Lega come movimento di ribellione, la politica mi interessa molto. E, vivendo all’estero, soffro nel vedere gli altri Paesi correre e noi camminare appena, bloccati dalla burocrazia e dai sindacati su decisioni che dovrebbero essere ovvie per il progresso di un Paese».
Veltroni lo conosce?
«Sì. È una persona che ha fatto cose importanti a Roma, abbiamo un buon rapporto ma idee politiche diverse».
È vero che è molto religioso?
«Molto, vado sempre a messa».
Con sua moglie vi siete sposati giovanissimi. L’ha sempre seguita nei suoi spostamenti?
«Sì, non ho mai passato più di una settimana da solo. Gli alberghi mi fanno tristezza, ho bisogno della casa. Il nostro problema sono i traslochi, ne abbiamo fatti troppi».
Chi frequentate a Londra?
«Usciamo spesso per andare a concerti e a teatro, la nostra passione. Ma abbiamo anche degli amici, come Giraudo, che vive lì da un paio d’anni, e Briatore. Lui è spesso in giro per la Formula Uno, ma quando non è a Londra parliamo al telefono».
Sua moglie è gelosa?
«Sì. Ma ha il pregio di non essere mai voluta apparire».
Il periodo più bello della sua vita?
«Non vivo di ricordi, mai; in casa mia non c’è una coppa, una foto in cui giocavo, è tutto nei bauli. Il futuro, quindi».
In Friuli torna mai?«
A Pieris, dove ho vissuto la mia infanzia, a trovare mia mamma. Tutte le volte mi dice: “Ma quando smetti di lavorare?”».
È vero che suo padre è stato in un campo di concentramento durante la guerra?
«Ne ha girati sei diversi. Ne è stato talmente annichilito che non ha mai voluto parlare di quell’esperienza, né con me né con mia madre».
Che effetto le ha fatto sapere che Max Mosley, presidente della Formula Uno, fa orge con «ambientazione nazista»?
«Non ho visto il video, della notizia ho letto solo i titoli sui giornali, quindi non sono in grado di dare un’opinione».
A pallone gioca ancora ogni tanto?
«Dopo aver chiuso la carriera ho giocato solo due volte, per beneficenza. Ma quando mi sono accorto che i soldi andavano da altre parti ho smesso, solo qualche partita con i figli».
Se la cava sempre?
«E certo. Giocare a calcio è come andare in bicicletta. Una volta che impari non te lo dimentichi più».

Vanity Fair (Sara Faillaci)

Notte diabolica


venerdì 11 aprile 2008

Farsopoli....

Il Procuratore federale della Figc, Stefano Palazzi, ha disposto l'archiviazione per 11 procedimenti relativi al secondo filone dell'inchiesta Calciopoli, tra i quali anche quello di Luciano Moggi.
Tra i procedimenti archiviati, in particolare, quelli nei confronti di Daniele Prade', Alessio Secco e Urbano Cairo.
''Il procuratore federale - si legge in una nota della Federcalcio - esaminati gli ulteriori atti di indagine posti in essere dalla Procura della Repubblica di Napoli ed espletata la conseguente attivita' istruttoria in sede disciplinare, in ordine ai contatti telefonici e personali intrattenuti dai tesserati F.I.G.C. sigg.ri Roberto Benigni, Mario Beretta, Urbano Cairo, Antonello Cuccureddu, Giovanni Lombardi Stronati, Fabrizio Lucchesi, Giovanni Paolo Palermini, Daniele Prade', Alessio Secco e Luciano Tarantino con il sig. Luciano Moggi, ha disposto l'archiviazione dei relativi procedimenti, in quanto la normativa federale vigente all'epoca dei fatti non faceva divieto assoluto di intrattenere rapporti o contatti con soggetti inibiti ma si limitava a sanzionare soltanto gli eventuali rapporti intercorsi con tale categoria di soggetti finalizzati ad un'attivita' di tesseramento, o, comunque, a condotte a questa direttamente riconducibili. Nei casi sopra indicati i colloqui in atti non si possono ricondurre a tale tipologia di rapporti''.

Alessio Secco, attuale ds della Juventus, e Roberto Bettega, ex vicepresidente della società bianconera, sono stati invece deferiti dal procuratore Stefano Palazzi alla Disciplinare per aver partecipato alla trattativa per l'acquisto del giocatore Criscito dal Genoa con Enrico Preziosi, presidente del Genoa, inibito in via definitiva dalla giustizia sportiva. Il deferimento di Palazzi fa seguito all'esame di "ulteriori atti di indagine posti in essere dalla Procura della Repubblica di Napoli". Secco e Bettega sono stati deferiti per la violazione dell'art.1, comma 1 (violazione dei principi di "lealtà, correttezza e probità") e dell'art. 8, comma 1 ("illecito amministrativo...per informazioni mendaci, reticenti o parziali").
Per lo stesso motivo, la trattativa sul passaggio di Criscito dal Genoa alla Juve, sono stati deferiti il vicepresidente del Genoa Giambattista Pastorello (violazione art. 1 comma 1), per aver partecipato alla trattativa quando non era ancora vicepresidente; Alessandro Zarbano, amministratore delegato del Genoa Cricket, per aver permesso a Pastorello di partecipare alla trattativa pur non essendo tesserato per il club; Enrico Preziosi, presidente del Genoa (art.1.1 e 8.1) per aver partecipato a trattative di mercato della società pur essendo inibito in via definitiva. Per responsabilità oggettiva sono state deferite anche la Juventus e il Genoa.

giovedì 10 aprile 2008

8 a 0


E' questo il pesantissimo bilancio saldo goal delle sfide ad eliminazione diretta di Champions League tra italiane ed inglesi, di quest'anno.
In tre confronti diretti, le squadre d'oltre Manica non hanno subito un solo goal:

ARSENAL - MILAN = 0-0 / 2-0

LIVERPOOL - INTER = 2-0 / 1-0

ROMA - MANCHESTER UNITED = 0-2 / 0-1

Uno strapotere britannico che non ammette interpretazioni.

Per il secondo anno consecutivo 3 semifinaliste su 4 provengono dalla Premier League ed inoltre l'unica inglese uscita è stata eliminata da derby nazionale.

lunedì 7 aprile 2008

"Ci hanno rubato la partita!"


Aldo Spinelli è livido di rabbia e attacca senza mezzi termini l'arbitro Romeo, soprattutto per il gol annullato a Tavano al 16' della ripresa per un presunto fallo su Gastaldello.
Il risultato era di 0-0.
«È scandaloso, una vergogna. Dopo la partita sono andato negli spogliatoi - ha detto Spinelli - per dire a Romeo che se retrocediamo è per colpa sua. Ci ha fatto perdere la partita. Io sto sempre zitto, ma stavolta non si può. Ha annullato un gol regolarissimo a Tavano vedendo un fallo da oltre settanta metri, fallo che il guardalinee (Toscano, ndr.), che era vicinissimo, non ha visto. Questo è un furto clamoroso ai nostri danni. Il gol era sullo 0-0 e il Livorno stava giocando meglio della Sampdoria. Oggi non ci ha sconfitto Cassano o la Sampdoria, ma l'arbitro Romeo. Questa è una vergogna e il Livorno non è mai stato tutelato.
Questo mondo deve essere pulito, altrimenti è finita!».

"Con una spinta...."


Il direttore tecnico della Roma, Bruno Conti, sottolinea l'irregolarità del primo gol dell'Inter contro l'Atalanta:
"Hanno visto tutti. Le immagini dell'1-0 sono chiarissime. La spinta di Vieira su Pellegrino è evidente. Quello è fallo e basta, non ci sono dubbi o interpretazioni. E pensare che, rivedendo i filmati, l'arbitro è proprio lì ed è piazzato bene. Può succedere, noi crediamo sempre nella buonafede. E' difficile capire se ci sono aiuti o no, ma visto che per la classifica contano gli episodi, è un vantaggio sbloccare una partita in bilico, magari con una spinta..."

Non basta il capitano





da lastampa.it
La Juve perde la quinta partita. Prima cade pesantemente sotto i colpi di un Amauri che lasciarsi scappare sarebbe un delitto, poi risorge, arriva al pareggio, sfiora a più riprese la vittoria, infine, incassa il ko più ingiusto quando già il pareggio poteva essere un risultato perfino stretto nonostante quel primo tempo da brividi. I bianconeri non hanno mai firmato la resa, ma questa volta la loro specializzazione in rimonte al limite dell’impossibile è stata frustrata da una prodezza dell’ex Cassani. Un bolide da fuori area dopo che un palo, le prodezze di Fontana e la sfortuna avevano negato alla Juve tre punti in quel momento meritati. La vittoria della Fiorentina, la rinascita casalinga del Milan, mettiamoci anche il pareggio dell’Udinese: la giornata aveva messo pressione la Juve ancora prima che ci provasse il Palermo a metterne a nudo i problemi. Una Juve ferma da quindici giorni e in avvio bloccata anche ieri sera. Ingolfata all’inizio, più reattiva dopo i due ceffoni di Amauri, ma sempre in grande sofferenza di fronte alla marea rosanero. Una Juve costretta a rispondere presente senza esitazioni, mettendo da parte un volta per sempre le velleità di agganciare quelli davanti, per tenere d’occhio quelli dietro (ora più che mai), ma incapace di imporsi, di fare gioco, e in difficoltà nei continui ripiegamenti difensivi che il Palermo le imponeva. Così la missione che era e resterà quella di restare agganciati alla terza posizione, in attesa della sfida cruciale con il Milan, si arenava nel primo tempo in questa difficile tappa palermitana contro una squadra reduce da quattro sconfitte, contro quell’Amauri che con le sue prodezze ieri sera ha perfino rischiato di estrometterla dall’Europa che conta.
Il ritorno alla normalità è stato affrontato da Ranieri con scelte normali. Ovvero Juve tradizionale negli schemi e pure negli uomini. Fuori Zanetti, al suo posto Nocerino con Camoranesi restituito ai compiti abituali. Si è capito subito che era una Juve impacciata, sofferente di fronte al ritmo travolgente del Palermo, ben assestato a centrocampo con Guana e Migliaccio, rapido nelle ripartenze per innescare Amauri. E proprio Guana, pochi minuti prima di lasciare in campo in barella dopo essersi scontrato con Nedved (tutti e due all’ospedale, il palermitano per un serio ematoma al capo), strappava palla a Del Piero e lanciava per Amauri, gentilmente liberato da ogni laccio da parte dei difensori bianconeri: conclusione da fenomeno impossibile anche per il fenomeno Buffon.Entrava Iaquinta, Del Piero si sistemava dietro le punte. Non cambiava la sostanza della partita, ma il risultato sì. E ancora a favore del Palermo quando ormai era il 50’. Imprendibile Caserta che arrivava al cross, perfetto lo stacco di Amauri che lasciava sul posto Chiellini.
Ranieri si giocava gli ultimi cambi a inizio ripresa. Salihamidzic e Tiago (ben presto inturbantato) per Grygera e Nocerino. E siccome è un uomo fortunato come dimostra il cammino della Juve, in qualche modo la squadra riusciva a riaprire la partita. Merito della grinta di Sissoko che portava a compimento una percussione rugbistica in area palermitana, veniva abbattuto da Rinaudo (tutto regolare per Morganti), e nel marasma successivo la palla arrivava a Del Piero: controllo di destro, gol di sinistro.
Record di 553 partite festeggiato alla grande per il capitano.
Era una Juve più aggressiva, certamente non ordinata, ma molto più in partita di quanto non lo fosse stata nel primo tempo. Sissoko, miglior prestazioni fra le tante buone dal suo arrivo a gennaio, pilotava la riscossa, Del Piero era il finalizzatore. Alex concedeva il bis al 26’: dopo uno splendido colpo di testa di Trezeguet annullato da un balzo di Fontana, la palla arrivava a Del Piero che la scaricava in rete in diagonale. Da lì in poi succedeva di tutto e quasi sempre in area siciliana. Finiva con la Juve all’attacco: un palo di Del Piero, un Fontana agile come un ventenne. Nulla da fare. Poi sbucava Cassani ed era notte fonda.

sabato 5 aprile 2008

"Clamoroso Fabio"


"Calciopoli è una buffonata"

Ogni tanto qualcuno (tifoso dell'Inter o del Milan) mi dice a muso duro: tu sei juventino. Rispondo: mai stato. Non sono tifoso. Il tifo è una malattia orrenda che uccise tanta gente della mia generazione. L'ho evitato e non vado a cercarmelo ora in età pensionabile.
Mi piace il calcio, questo sì. Amo la squadra della mia città, l'Atalanta. E amo l'Albinoleffe, perchè è un miracolo e mi dà l'idea che lo sport esista ancora. Tra le grandi preferisco la Fiorentina, che seguo da quando ero bambino.
Obiezione: perchè allora voi di Libero avete assunto come collaboratore Luciano Moggi, personaggio centrale di Calciopoli?
Rispondo: Calciopoli è una buffonata, l'ho percepito fin dal primo momento. E Moggi, che s'intende di pallone più di chiunque altro, è innocente fino a prova contraria. Non è stato condannato. Contro di lui solamente pettegolezzi, intercettazioni telefoniche che non dimostrano un'acca. Non ha corrotto nessuno. Nessun movimento di soldi sui conti correnti. Ha regalato schede telefoniche ad alcuni arbitri: capirai che sacrificio. Fosse un reato, chi donò orologi d'oro (Rolex) ad altri arbitri doveva essere impiccato nella pubblica piazza; invece nessuno gli torse un capello.Queste cose le ho sempre dette e continuo a ripeterle. Molte conferme che ho ragione a stare con Moggi arrivano ogni dì. A suo carico sono stati avviati tre processi. Uno a Torino per falso in bilancio. Accusa ridicola. Luciano non ha mai avuto resposabilità gestionali e amministrative. Uno a Napoli, e non è ancora cominciato. Uno a Roma, ed è in corso. Moggi è imputato quale socio occulto della Gea (di suo figlio ed altri). Dal dibattimento non è saltato fuori nulla di concreto. Solo chiacchiere. Ho sentito questo e quest'altro. Non una testimonianza diretta, una circostanza accertata, un fattarello con qualche rilevanza penale. Miccoli, davanti al giudice, afferma di avere avuto la sensazione di non essere benvoluto da Moggi perchè non iscritto negli elenchi dei giocatori Gea. Avete letto bene: sensazione. Basata su? Miccoli fu acquistato dalla Juve e si presentò a Torino con orecchini, diamante sui denti, Che Guevara pittato sulle gambe. E il direttore sportivo lo richiamò: qui siamo alla Juventus, non al Leoncavallo. Poi Miccoli fu ceduto in comproprietà alla Fiorentina dove si comportò talmente da campione che al termine della stagione fu rispedito al mittente, riscattato da don Luciano a meno di metà del prezzo incassato alcuni mesi prima. Breve permanenza e prestito al Benfica. Come mai? Nel frattempo la Juve si era comprata un certo Ibrahimovic, un po' più bravo - dicono - del simpatico nanetto leccese devoto del Che. Il quale nanetto da tutto ciò ricavò appunto la sensazione di essere sgradito al presunto Mammasantissima, papà del picciotto della Gea. Qualsiasi società vende calciatori e ne acquista nel tentativo di migliorare la rosa. Da notare che Miccoli gioca (raramente) nel Palermo, non nel Real Madrid.Il raccontino offertovi è una prova? C'è ancora materiale. L'inchiesta romana si articola su intercettazioni telefoniche insignificanti, su dichiarazioni di Baldini (ds della Roma) e indagini della Guardia di Finanza coordinate dal maggiore Auricchio. Il primo viene interrogato in aula. Conosce Auricchio? Mah, sì, forse l'ho visto una volta, però.....Insomma balbetta. L'indomani, tocca deporre ad Auricchio. Il quale dopo tre ore ammette di avere avuto rapporti (non sessuali, per carità) con Baldini.
Gli avvocati di Moggi meditano di far partire la richiesta di appioppare la falsa testimonianza allo smemorato. Ora anche uno sprovveduto comprende che si procede a tentoni contro un uomo, Moggi, il quale nel calcio era un padreterno e suscitava invidie, quindi risentimenti. Peccato per i lapidatori che fin qui non sia emerso un fatto, lo straccio di un elemento probatorio.
Immagino le conclusioni.
Il Mostro sarà assolto, intanto però anzichè fare il suo mestiere con la perizia che tutti gli riconoscono (inclusi i detrattori) è costretto per ammazzare il tempo a collaborare con Libero. E io mi dovrei giustificare perchè mi avvalgo della sua penna? Ma andate a scopare il mare.
FIRMATO VITTORIO FELTRI

giovedì 3 aprile 2008

Mamma Juve

Caro Stefano mi permetto, dopo quanto successo domenica in quel maledetto autogril di Asti, di aprire una piccola parentesi, tanto per inquadrare in che mani faziose viva l'informazione italiana.
Premetto che, come mamma, non credo esista un dolore più grande al mondo che la morte del proprio figlio, sia unico, sia fratello di tanti altri. Per questo non voglio entrare nella tragedia capitata alla famiglia di quel ragazzo se non per porre le condoglianze.
E non aggiungo altro per rispetto anche se, i miei timori di domenica, stanno confermando la realtà di oggi ed in tema si potrebbero scrivere saggi completi. Non accetto perà la santificazione del ragazzo morto. Stop.
Aggiungo che sono una tifosa di serie C secondo l'inquadramento del presidente cobolli "c" minuscola proprio come lui.
L'aspetto che più mi ha fatto imbestialire è stata la conduzione dell'avvenimento nelle varie trasmissioni spazzatura televisive, nessuna esclusa. Noi eravamo allo stadio e là non sapevamo nulla. Tanto per iniziare, a notizia appena giunta e senza alcuna certezza dei fatti mi hanno detto che è addirittura uscita la voce che fosse stato il pulman della Juventus ad aver ucciso un tifoso avversario. Accantonata questa cretinata (sarebbe bastato un minimo di ragionamento da parte del giornalista che ha sparato questa idiozia per capire che la squadra era a Torino e giocava in casa!) è stato tutta una ricerca spasmodica di scoop. Disinformazione? NO, assolutamente NO! Qui si è proprio notata la malafede giornalistica italiana, in generale, verso tutto ciò che ruota attorno alla Juve. Nessuno può, senza certezza, dare per scontato alcun avvenimento. Ed invece...
Mi sono imposta, trasgredendo al mio boicottaggio, di guardare più programmi pseudo-sportivi ed ho notato che a tutti i costi dovevano far passare il messaggio che erano stati i tifosi juventini ad aver ucciso. Non importa se qualche testimone dell'accaduto aveva già anticipato la dinamica dei fatti, importa ancor meno se altri dicevano di aver rischiato l'incolumità , perchè inermi ed incalzati da teppisti con volti coperti ed armati di bottiglie rotte e cinghie: per i nostri media gli juventini erano i carnefici e anche davanti ai racconti di chi aveva vissuto quei momenti, mal accettavano l'ipotesi che fossero vittime. E questa ignobile messa in scena è andata avanti fino a tarda serata. Mi si appallottolava il fegato quando certi giornalisti (un nome su tutti Galeazzi, gli altri li abbiamo visti) cercavano di apparire con i volti affranti dal dolore e gli occhi lucidi e prossimi alle lacrime! Quanta ipocrisia! E' un nuovo modo di fare carriera in Italia? Vergogna! Ora pare che la verità sia emersa, triste finchè si vuole ma diversa da quanto cercavano di propinarci i dittatori padroni assoluti dell'informazione italiana.
A proposito non una parola di riguardo per l'autista del pulman, un lavoratore che di domenica si guadagnava da vivere onestamente e, diligentemente, ha cercato di salvare i trasportati e la vettura!! Incidente no vero? Assassino quasi quasi stavano per dirlo!!
Non ritieni che sia alquanto ignobile cambiare le carte in tavola, stravolgere la verità pur di creare odio (caso mai non bastasse quello che già c'è) verso i colori bianconeri?
Ho rivissuto porcopoli, quando, parlatene male, parlatene peggio, inventate, ingrandite, rimpicciolite, incolpate senza prove basta che l'auditel vada alle stelle e le tirature dei giornali triplichino e questo si ottiene solo con un soggetto: la Juve.
I nostri giornalai televisivi (non giornalisti) hanno iniziato nel 2006 a coltivare tutto un sottobosco di falsità , non hanno mai perso occasione per rinverdirlo al punto che ora inizia a dare i suoi frutti sfociando in un "dagli allo juventino"; a loro non rende nulla la risoluzione dei problemi, altrimenti con quali stronzate potrebbero ancora imbrattare le pagine dei loro quotidiani "carta igienica" o i loro salotti (che sono ben altro) televisivi? Non se ne può più.
Ladri, drogati, retrocessi ed ora anche assassini!
Posso dire, o ritieni che sia eccessivo, un sentito grazie a quella disgraziata combinazione di elementi che è il nostro CdA?
Infondo, secondo me, è anche grazie alla loro scelta di NON difendersi e di tenere un basso profilo se adesso da vittime ci fanno diventare colpevoli.
Ti ho rubato un po' del tuo tempo, ma per noi sei un amico di famiglia e nessuno a casa mia si perde mai un tuo articolo! La tua magica penna riesce a dipingere gli stati d'animo più agitati con semplicità disarmante. I miei figli ti qualificano "MITICO". Se lo ritieni opportuno, in un tuo articolo esprimi questi concetti.
GRAZIE, con infinita stima e con l'augurio di continuare sempre così.
Anna Maria


Cara Anna, ho letto la tua lettera con grande commozione e interesse.
Mi chiedi di scrivere un articolo che possa esprimere i concetti da te espressi?
Credimi, il miglior modo possibile in questo caso è pubblicare la tua lettera che non merita alcuna correzione od aggiunta.
Con affetto,
Stefano

mercoledì 2 aprile 2008

Pesce d'Aprile

Ho sempre sostenuto che se qualcuno crede davvero che Moggi e Giraudo fossero capaci di pilotare gli arbitri e di fare la macumba ai calciatori fino a impedire, tramite la Gea, al più scarso difensore centrale degli anni Novanta, cioè a Salvatore Fresi, di non essere diventato Franz Beckenbauer, allora è stato giustissimo aver tolto anche il ventinovesimo scudetto alla Juve. Scrivevo che Luciano Moggi era un formidabile dirigente, cosa a cui credo ancora naturalmente. Fino a oggi l’ho difeso, insieme con la Juve, convinto che la più grande sventura per un tifoso bianconero non sia stato lui, come è ovvio, ma Cobolli Gigli, ovvero la più grande sciagura juventina dai tempi di Luca Cordero di Montezemolo.
Ma vedere Luciano Moggi che diventa la caricatura di se stesso, minacciando al processo Gea testimoni per bene come Franco Baldini (che io conosco da tempo), mi ha fatto capire perché Cobolli Gigili non ha difeso l’operato della vecchia dirigenza: forse era ed è indifendibile. Ho riletto ultimamente anche alcuni verbali e alcune intercettazioni di quei giorni. Resto convinto del fatto che i reati di cui Moggi è accusato nel codice sportivo non esistono e che tutti i Torquemada e i giornalisti giustizialisti, e i Liguori, hanno avuto via via la conferma ufficiale che tutte le loro teorie da bar dello sport, con rispetto parlando del bar dello sport, erano campate in aria. Ma secondo me, a questo punto, qualcosa ai tempi della triade deve essere successo. Non è giusto continuare a far finta di niente. Non si può continuare a combattere una battaglia persa. Io mi dissocio da quella dirigenza, e mi dimetto dal tifo per questa Juve. E’ doloroso, ma oggi credo sia impossibile, per me, continuare a tifare Juventus. Caro Mughini, ti lascio da solo a combattere questa battaglia inutile. Mi dispiace Giampiero, ma da oggi tifo Milan, che almeno non indossa scudetti né altrui né falsati. Nei prossimi giorni racconterò su Camillo le ragioni della mia scelta.
di Christian Rocca

Incubo rosso



"Ronaldo, al di là del grande campione, è uno molto montato, che fa certi dispetti in campo. E questa è la cosa più brutta per un giocatore. Al ritorno avremo sicuramente qualcosa da dirci...". firmato David Pizarro
L'incubo Manchester United per la Roma continua.......