giovedì 22 novembre 2007

Zitti tutti. Parla Platinì


Ecco per voi la bellissima intervista a Michel Platinì realizzata da Roberto Beccantini.

Presidente Platini, saremo anche dei grandi «pareggiatori», come dice Domenech, ma se voi francesi siete già qualificati lo dovete a les italiens.
«Chiedo scusa ma dal 26 gennaio, giorno della mia elezione, ho cambiato status: sono svizzero, neutrale e qualificato di diritto».
I campioni del Mondo e i loro vice non saranno teste di serie: non lo trova ridicolo?
«Sarà un caso, ma soltanto voi e Domenech, uno che vi assomiglia molto, lo trovate ridicolo. Carta canta. E poi sono criteri che ho ereditato. Fatevene una ragione».
Sta per scadere il suo primo anno. Bilancio?
«Ho fatto quello che avevo promesso. E quello che non ho fatto, sto cercando di farlo. Avevo detto: più potere alla Federazioni. Oggi, le Federazioni hanno più potere. Poi: Champions meno elitaria. Dal 2009 i Paesi medio-piccoli avranno cinque o sei posti in più; si decide il 30 novembre, a Lucerna».
Aveva anche garantito: rilancerò le coppe nazionali e coinvolgerò le squadre detentrici.
«I tempi non sono ancora maturi. Basta vedere come alcune Leghe trattano la coppa. Una a caso: la vostra...».
Come cambierà, per noi, la nuova Champions?
«Tre sicure. Prima erano due. La quarta si misurerà nei preliminari con le altre Grandi e non più con le cenerentole. Tutto qui».
Anche la tolleranza zero era un suo cavallo di battaglia.
«E lo rimane. Servono giudici efficaci e una polizia sovrannazionale. Ne discuteremo il 28 e 29 novembre, a Bruxelles».
In caso di incidenti, favorevole o contrario allo 0-3 a tavolino?
«Fifa e Uefa (sì, anche la mia Uefa) sono molto intransigenti. Parlo, allora, a titolo personale. Contrario. Perché una città, un club, una tifoseria devono pagare la follia e il teppismo di una cinquantina di str...? Meglio chiudere le curve. Certo, ci vuole coerenza: il Taranto ha avuto partita persa, l’Atalanta no».
Una spallata alla responsabilità oggettiva.
«Una serena riflessione su una stampella che ha permesso al calcio di camminare, ma che oggi, fra un tribunale e l’altro, potrebbe farlo scivolare».
Quali sono le Federazioni che le danno più problemi?
«Quelle dell’Europa dell’Est. C’è un rigurgito di razzismo che mette paura. Altro che i vostri buuuu».
L’Italia?
«Siete in balìa di due fenomeni: il ricatto degli ultrà e la sindrome del complottismo. Due persone parlano al bar, e dietro c’è una congiura».
Per un giocatore c’erano meno tentazioni in passato.
«Al contrario. Ce n’erano molte di più. Con quello che guadagna, perché mai un giocatore del terzo millennio dovrebbe farsi comprare o scommettere? E un arbitro vendersi, visto che pure i suoi sono ormai stipendi da manager?».
La specificità dello sport. Blatter insiste con il «6 più 5»: in pratica, non più di cinque stranieri alla volta. Non è troppo tardi?
«Non si può non condividere lo spirito della sua crociata. Però ha ragione, tornare indietro sarà difficilissimo. Nel mio caso, mica posso ribellarmi - da presidente dell’Uefa - alle leggi dell’Unione europea. Sarebbe una contraddizione in termini. Ho altre idee».
Per esempio?
«La difesa dei ragazzi, under 16 o 18 che siano. Non esiste che possano essere "deportati" a quell’età. Il primo contratto lo devono obbligatoriamente firmare con il club che li ha formati. Già dovrebbe essere così, lo so, ma dove e quando è così?
Altro tasto: l’invasione degli americani.
«Penso alla Premier inglese. Non hanno la nostra cultura, investono milioni e milioni, e dal momento che vince uno solo, può ben immaginare i mezzi che adotteranno per coronare il fine. Il teppismo è violenza materiale. Il business sfrenato, violenza ideologica. Alla larga da entrambi. O meglio: guerra senza quartiere a entrambi».
A volte ha quasi accenti kennedyani...
«JFK morì ammazzato, devo prenderlo come un complimento? Scherzi (e paragoni) a parte, la mia vita cambiò quando ero ct della Francia. Il Real Madrid mi contattò e mi offrì un assegno in bianco purché mi trasferissi al Bernabeu. Ci pensai su. Risposi no, grazie. Mi diedi a organizzare il Mondiale di Francia. Straordinaria palestra».
Come Blatter, di cui è intimo...
«Per molti è un farabutto. Per me, no. Lo conosco meglio di tutti coloro che gli sparano addosso. Ama il calcio e i calciatori, solo che la Fifa è un impero e per governare gli imperi i compromessi sono il pane quotidiano».
Totti e Del Piero hanno ripreso l’allarme che, a suo tempo, lanciò Zidane: stanno mettendo in «galera» i numeri dieci.
«Li capisco. Quando vedevo Zizou nel Real, confinato a sinistra, diventavo matto. Ma come: proprio lui, il miglior dieci degli ultimi quindici anni? Sono stato più fortunato io che, ragazzo a Nancy, cominciai a sinistra e finii al centro. Oggi avviene esattamente il contrario. Salvo rare eccezioni».
Tipo?
«Il Barcellona di Ronaldinho e Messi. Il Milan di Pirlo e Seedorf. A loro modo, sono tutti dieci. Come Kakà. Kakà, dalla metà campo in su, mi ricorda Baggio. Baggio era un nove e mezzo, Kakà un dieci meno. Tanto per rendere l’idea: il sottoscritto, oggi, giocherebbe seconda punta».
Pensa, ogni tanto, alla «sua» Juventus?
«Come no. Ha pagato, si è ripulita. Non solo: ha avuto la forza di non rivolgersi alla giustizia ordinaria, scelta che Fifa e Uefa hanno molto apprezzato».
Ma è proprio questo che lo zoccolo duro dei piccoli azionisti contesta ai nuovi dirigenti, aver rinunciato al Tar...
«Lo sport ha dei prezzi che, a volte, sembrano esagerati. Restando in ambito sportivo, la Juventus ha dato una lezione all’intero ambiente».
Il calcio è malato?
«No, il calcio è bellissimo. Malati siamo noi. Io che esultai all’Heysel non finirò mai di sdebitarmi».
Per tutti i nostalgici di Le Roi consiglio anche questo...
http://www.lastampa.it/sport/_pdf/beccantini.pdf

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