fonte La Nazione
BERTINI "ORA DENUNCIO IO"
SI È ARRAMPICATO in bicicletta fin sulla vetta del Santuario della Verna. Non perché sia in attesa di grazia ricevuta ma per tenersi in forma, per essere pronto nel caso si verificasse un altro miracolo: una telefonata del presidente dell’Aia Gussoni che lo richiama in servizio. Paolo Bertini (nella foto), arbitro internazionale, è sospeso dallo scorso 15 aprile, da quando i due Pm di Napoli Filippo Beatrice e Giuseppe Narducci lo hanno tirato dentro la storiaccia delle Sim svizzere che sarebbero state distribuite da Moggi. Sei mesi di limbo, sei mesi ad allenarsi solo solo, sei mesi lontano dalle luci dei riflettori, sei mesi a osservare ancora le regole dell’Aia, compresa quella che vieta i rapporti non autorizzati con la stampa. Bertini la rispetta anche in questa ennesima domenica del suo Golgota, mentre scende lungo i tornanti della Verna. Parla al suo posto il compagno di gita in bici, il suo avvocato Mauro Messeri. E lo fa per dire basta: «Questa sospensione è diventata peggio di una condanna. O la giustizia sportiva processa Paolo e gli consente di difendersi o lo reintegra nei ranghi». Altrimenti, lascia intendere il legale, il fischietto aretino potrebbe prendere altre strade: «Non è un problema che si pone nell’immediato, ma certo se le istituzioni del calcio dovessero insistere in questo atteggiamento, potrei anche valutare l’ipotesi di adire le vie legali». I GUAI di Bertini, che già era stato prosciolto nell’estate 2006 per il primo filone di Calciopoli, ricominciano dalla decisione di Gussoni di non mandarlo più in campo in attesa dei risultati dell’inchiesta di Napoli o di un eventuale deferimento da parte del procuratore federale Stefano Palazzi. «Ma — lamenta Messeri — la sospensione dovrebbe essere l’equivalente di un provvedimento cautelare in sede penale. Qui invece sta diventando una vera e propria pena. Dopo i primi quattro mesi, il provvedimento è stato rinnovato in agosto per altri quattro. E si può arrivare fino a un anno. E’ una specie di squalifica. Una misura assurda. Non si può rimanere ad aspettare l’esito dell’udienza preliminare di Napoli. La giustizia del calcio deve avere il coraggio di muoversi». Bertini, ricorda l’avvocato, «era non solo un internazionale ma uno dei primi tre arbitri d’Italia. Lo hanno lasciato solo. Lo ha abbandonato anche l’Aia. La Federcalcio si decida: o ci sono gli elementi per condannarlo o gli devono consentire di tornare in campo a fare il suo mestiere».
D’ALTRONDE, nella sostanza, l’arbitro aretino continua a dichiararsi innocente su tutta la linea: «Non ha mai avuto sim svizzere, tantomeno da Moggi», assicura Messeri. E i tabulati prima di Juve-Milan del 20 dicembre 2004, quelli che evidenzierebbero decine di contatti fra l’arbitro e le sim dell’entourage moggiano? «I tabulati, per quanto ci riguardano, non dicono il vero. Ci sono situazioni nelle quali secondo la scheda Bertini sarebbe ad Arezzo e invece è fuori città, altre in cui in cinque minuti sarebbe prima ad Arezzo e poi a Milano. E poi quello che è successo in campo non torna coi tabulati». Per esempio? «Per esempio c’è un’Atalanta-Milan in cui Paolo, secondo l’accusa, avrebbe avuto contatti con Moggi per sfavorire i rossoneri, avversari della Juve per lo scudetto. E invece il Milan vinse avvantaggiandosi di una mancata espulsione di Nesta. E allora da che parte stava Bertini, con Moggi o col Milan? No, non c’è logica».
Del resto, spiega l’avvocato, persino Romeo Paparesta, padre di Gianluca, che ammette di avere avuto una scheda svizzera, dice di non avere mai parlato con l’arbitro aretino. Che ora chiede solo di essere giudicato dal suo mondo, quello del calcio. E’ troppo?
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