Valentino aveva la stessa età di Marco. Aveva corso con Marco. Se n’è andato come Marco, non ce l’ha fatta a restare aggrappato alla vita.
La fabbrica di malati e morti, depressi e aspiranti suicidi che sta diventando il mondo dello sport, continua nella sua opera di distruzione.
Il ciclismo è il più colpito perchè è quello che più degli altri è andato oltre. Ma gli altri non stanno meglio, anzi ripercorrono la stessa strada.
Se la disperazione per la fine di Valentino Fois è il primo sentimento, rischia di essere alla pari lo sdegno per il mondo dello sport che causa vittime e poi ne nega l’esistenza.
Uno dietro l’altro - per i motivi più disparati - negli ultimi anni sono morti giovani Pantani e Jimenez, Zanette e Galletti, Vandenbroucke ha tentato il suicidio. Non c’è uno studio epidemiologico, non c’è una ricerca scientifica che metta in correlazione lo sport, il doping, la tossicodipendenza e la depressione. Si banalizza sui casi individuali, ci si nasconde dietro la solita frase ipocrita ( «lo sport non c’entra» ) e ci si mette il cuore in pace.
L’istituzione sportiva ha l’obbligo di indagare sulla sorte dei suoi giovani, per salvaguardarne la salute, e deve lavorare sulle generazioni future. Non ha più alibi, questa faccia oscura dello sport va messa in primo piano. Nei paesi democratici è giunta l’ora che a muoversi siano i parlamenti: l’istituzione sportiva deve essere costretta a fare il suo dovere. Altrimenti ci pensino i ministeri della sanità e la magistratura a fermare questa strage.
Esistono studi scientifici seri condotti all’esterno del mondo dello sport - che parlano apertamente di legame tra doping e tossicodipendenza, depressione e droga. E’ dimostrato che gli sportivi entrano più frequentemente in depressione degli altri esseri umani. Così come è drammaticamente certo che tra i tossicodipendenti maggiore è la percentuale di chi ha praticato attività sportiva. Una volta si invitava a fare sport per evitare il tunnel della droga, oggi la situazione è capovolta.
Il problema vero è che lo sport sa entusiasmarsi per le grandi imprese, sa magnificare le sue virtù, ma è incapace di segnalare i suoi pericoli. Autentici fenomeni da baraccone, ragazzi con fisici da caricatura umana diventano i nuovi eroi. Basterebbe aver guardato gli Europei di nuoto, aver visto quante prestazioni inumane si sono registrate. Qualcuno s’è posto il problema? Ognuno ha celebrato il suo campione, al massimo s’è stizzito per qualche battutaccia degli avversari: perché tutti sono bravi a sospettare degli altri. Mai come in situazioni come queste lo sport riesce ad essere bieco nazionalismo. Ma almeno ci si potrebbe chiedere: se lo sport ai massimi livelli esalta fisici così mostruosi, è il caso di continuare su questa strada? Quei fisici possono essere il frutto di qualsiasi diavoleria - persino lecita per le leggi dello sport - ma è giusto arrivare a certi livelli? Ed è giusto additare questi personaggi ad esempi?Finché penserà esclusivamente alle certezze giuridiche e non si porrà dubbi morali, questo sport continuerà a generare mostri e vittime. Finché si occuperà più dei diritti civili (certe modalità dei controlli antidoping violano la privacy), che dei diritti umani ( la sperimentazione selvaggia su persone sane), non avrà speranze.
Addio Valentino. Te ne sei andato tragicamente, neanche l’aiuto paterno di Ivano Fanini t’è servito. Era terribilmente vero quello che avevi confessato in tante interviste: il ciclismo è stato la tua vita e la tua disperazione. Come per tanti prima di te. E per quanti in futuro?
di Sergio Rizzo
Vice direttore Corriere dello Sport
Vice direttore Corriere dello Sport
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