INTER, MA NON E' UNA COSA SERIA
di Stefano Agresti
Come l’Inter non ce n’è. Né in Italia, né altrove. Prendete quello che è successo nelle ultime ore. C’è una squadra che viene eliminata dalla Champions League per mano del Liverpool: ci sta. Ci sono i tifosi che, per lo più, applaudono giocatori e allenatore: meravigliosi. Ci sono tutte le condizioni perché l’ambiente cerchi di ricompattarsi nel tentativo di portare a casa almeno lo scudetto. Una situazione di relativa normalità, insomma, benché Figo abbia magari fatto un po’ le bizze: quante ne abbiamo visti e vissuti, di momenti così?
Ma come l’Inter non ce n’è. E allora l’allenatore dice immediatamente che a giugno se ne andrà, con uno scudetto da conquistare e stracciando un contratto da 4 anni e 24 milioni netti. E la società fa capire che potrebbe anche cacciarlo subito, questo irriconoscente, mentre in tutta Europa si scatena la bagarre: in Portogallo assicurano che Mourinho allenerà l’Inter, in Spagna sostengono che Mancini andrà al Barcellona, in Inghilterra lo danno per contrattualizzato dal Chelsea. L’Inter al centro del calcio internazionale, insomma. Non per una vittoria, ma per un caos nato senza un vero perché.
Come l’Inter, però, non ce n’è. Quindi l’allenatore e il presidente s’incontrano. Si scontrano? Macché. Si dicono addio? Non ci pensano neppure. Si abbracciano e quasi si baciano, come se niente fosse successo. O quasi. E l’allenatore in questione, Mancini Roberto, firma un comunicato senza precedenti, probabilmente imbarazzante anche per chi ha dovuto diffonderlo: chiede scusa e comprensione, dice che dopo la partita ha parlato con il cuore, sostiene - attenzione - di voler conquistare con l’Inter non solo lo scudetto, ma anche la
prossima Champions League. Comprensione? Cuore? Champions League? No, dai, non può essere. Noi, quando abbiamo letto quelle righe, siamo rimasti senza parole. Per Mancini, innanzitutto, ma anche per l’Inter che con lui ne ha condiviso i contenuti.
Ci domandiamo, a caldo, come potrà Mancini gestire uno spogliatoio già in fermento, dopo avere compiuto una retromarcia così clamorosa. Come potrà arrabbiarsi con Figo o Ibrahimovic, Vieira o Materazzi, e imporre loro le proprie volontà: le volontà di un allenatore che una sera esplode, come se non ne potesse più di chicchessia, e poche ore dopo non esita a cospargersi il capo di cenere e chiedere scusa. Come riuscirà a essere leader e guida di un gruppo con personalità così forti? Con quale credibilità si proporrà davanti ai suoi campioni, ma anche ai suoi tifosi? Attenzione: alla base del malcontento di Mancini nei confronti dell’Inter ci sono anche motivi validi. Perché - diciamolo chiaramente non è normale che la società gli imponga un medico nel quale lui non ha fiducia, che rinnovi il contratto a calciatori che non vuole, o che il presidente parli di Capello o Mourinho alla vigilia della partita della vita contro il Liverpool. Ma, se le idee non sono sbagliate, il modo di portarle avanti (e poi di tornare indietro) non è da grande professionista.
La società, poi. Ma l’ha letto, quel comunicato di Mancini? Presumiamo di sì, visto che l’ha diffuso. E non si è chiesta come potrà questo allenatore - un allenatore che si è autodelegittimato - continuare a guidare il gruppo non solo per pochi mesi, ma addirittura per quattro anni? Ma i dirigenti nerazzurri dovrebbero anche e soprattutto domandarsi quanto, con le loro scelte buoniste, hanno contribuito a mettere Mancini nelle condizioni di dire: me ne vado. Okay, lui ha scelto tempi e modi sbagliatissimi, però…
Così, mentre l’Europa incredula assiste a tutto questo caos e la figuraccia diventa mondiale, tante domande cominciano a trovare una risposta.
Prendete, ad esempio, lo scudetto perso il 5 maggio 2002. Se un marziano appena arrivato sulla terra dovesse mai chiedervi come si spiega un campionato buttato in quel modo, non usate giri di parole: fategli semplicemente leggere la cronaca interista di queste ore. Capirà.
di Stefano Agresti
Come l’Inter non ce n’è. Né in Italia, né altrove. Prendete quello che è successo nelle ultime ore. C’è una squadra che viene eliminata dalla Champions League per mano del Liverpool: ci sta. Ci sono i tifosi che, per lo più, applaudono giocatori e allenatore: meravigliosi. Ci sono tutte le condizioni perché l’ambiente cerchi di ricompattarsi nel tentativo di portare a casa almeno lo scudetto. Una situazione di relativa normalità, insomma, benché Figo abbia magari fatto un po’ le bizze: quante ne abbiamo visti e vissuti, di momenti così?
Ma come l’Inter non ce n’è. E allora l’allenatore dice immediatamente che a giugno se ne andrà, con uno scudetto da conquistare e stracciando un contratto da 4 anni e 24 milioni netti. E la società fa capire che potrebbe anche cacciarlo subito, questo irriconoscente, mentre in tutta Europa si scatena la bagarre: in Portogallo assicurano che Mourinho allenerà l’Inter, in Spagna sostengono che Mancini andrà al Barcellona, in Inghilterra lo danno per contrattualizzato dal Chelsea. L’Inter al centro del calcio internazionale, insomma. Non per una vittoria, ma per un caos nato senza un vero perché.
Come l’Inter, però, non ce n’è. Quindi l’allenatore e il presidente s’incontrano. Si scontrano? Macché. Si dicono addio? Non ci pensano neppure. Si abbracciano e quasi si baciano, come se niente fosse successo. O quasi. E l’allenatore in questione, Mancini Roberto, firma un comunicato senza precedenti, probabilmente imbarazzante anche per chi ha dovuto diffonderlo: chiede scusa e comprensione, dice che dopo la partita ha parlato con il cuore, sostiene - attenzione - di voler conquistare con l’Inter non solo lo scudetto, ma anche la
prossima Champions League. Comprensione? Cuore? Champions League? No, dai, non può essere. Noi, quando abbiamo letto quelle righe, siamo rimasti senza parole. Per Mancini, innanzitutto, ma anche per l’Inter che con lui ne ha condiviso i contenuti.
Ci domandiamo, a caldo, come potrà Mancini gestire uno spogliatoio già in fermento, dopo avere compiuto una retromarcia così clamorosa. Come potrà arrabbiarsi con Figo o Ibrahimovic, Vieira o Materazzi, e imporre loro le proprie volontà: le volontà di un allenatore che una sera esplode, come se non ne potesse più di chicchessia, e poche ore dopo non esita a cospargersi il capo di cenere e chiedere scusa. Come riuscirà a essere leader e guida di un gruppo con personalità così forti? Con quale credibilità si proporrà davanti ai suoi campioni, ma anche ai suoi tifosi? Attenzione: alla base del malcontento di Mancini nei confronti dell’Inter ci sono anche motivi validi. Perché - diciamolo chiaramente non è normale che la società gli imponga un medico nel quale lui non ha fiducia, che rinnovi il contratto a calciatori che non vuole, o che il presidente parli di Capello o Mourinho alla vigilia della partita della vita contro il Liverpool. Ma, se le idee non sono sbagliate, il modo di portarle avanti (e poi di tornare indietro) non è da grande professionista.
La società, poi. Ma l’ha letto, quel comunicato di Mancini? Presumiamo di sì, visto che l’ha diffuso. E non si è chiesta come potrà questo allenatore - un allenatore che si è autodelegittimato - continuare a guidare il gruppo non solo per pochi mesi, ma addirittura per quattro anni? Ma i dirigenti nerazzurri dovrebbero anche e soprattutto domandarsi quanto, con le loro scelte buoniste, hanno contribuito a mettere Mancini nelle condizioni di dire: me ne vado. Okay, lui ha scelto tempi e modi sbagliatissimi, però…
Così, mentre l’Europa incredula assiste a tutto questo caos e la figuraccia diventa mondiale, tante domande cominciano a trovare una risposta.
Prendete, ad esempio, lo scudetto perso il 5 maggio 2002. Se un marziano appena arrivato sulla terra dovesse mai chiedervi come si spiega un campionato buttato in quel modo, non usate giri di parole: fategli semplicemente leggere la cronaca interista di queste ore. Capirà.
INTER UN CASO CLINICO
di PAOLO DE PAOLA
Se pensiamo che dietro la farsa dell’addio rientrato di Mancini c’è anche il medico dell’Inter, Combi, siamo davvero in presenza di un caso clinico. Con tanto di complicazioni. In questa vicenda non ci convince proprio nessuno. Moratti, con le sue contraddizioni, non fa altro che aggiungere confusione in una società che, invece, avrebbe bisogno di chiarezza.
In questi ultimi mesi abbiamo assistito a un vero e proprio festival.
Frasi infelici sull’onestà, feste esagerate e inopportune ( visti poi i risultati), buonismo profuso a piene mani, atteggiamenti politicamente ( s) corretti. Per favore. La vita, quella vera, ci insegna altro. Non abbiamo la presunzione di censurare gli altri, ma non se ne può più di questa facciata paraumanitaria che nasconde solo un fiume di soldi spesi per una passione personale. Beato lui che può permetterselo grazie anche ai soldi del padre.
Ma Moratti ci liberi dalle sue proposte di rettitudine, dai modelli di vita, dai duetti con Celentano e anche da Oliviero Toscani.
Ci permettiamo di dargli un suggerimento. Vuole fare qualcosa di veramente popolare per lui e per la sua Inter? Restituisca subito quello scudetto di cartone che gli fu consegnato, contro il parere di una commissione di esperti, da Guido Rossi. Fino a qualche anno fa c’era una squadra nerazzurra che faceva simpatia e sulla quale era fiorita persino una piacevole letteratura. Quella squadra non c’è più e con lei è sparito il sorriso di chi la guardava anche senza esserne tifoso. A quale prezzo si devono pagare certe vittorie e certe sconfitte?
Non ci è piaciuto Mancini. Da un uomo che guadagna oltre cinque milioni di euro all’anno ci saremmo aspettati un atteggiamento più serio. E non è un discorso demagogico.
C’è un campionato in corso. Ci sono giocatori che lottano per un obiettivo e tifosi che vanno rispettati. Reazioni a caldo come la sua non hanno senso e ci convince poco il ravvedimento (un po’ infantile) dopo il colloquio con Moratti.
Una pace di facciata e proprio per questo ancora più pericolosa.
4 commenti:
Bellissima la cena-gufata!
Fate apparire la macumba con i miei amici un rito infantile :)
FANTASTICI!!!
MITICI!
In merito agli articoli postati: i "sommi" giornalisti si sono accorti di cose che diciamo da quando Moratti è il Presidente dell'Inter... e non aggiungo altro, se non "FORZA JUVEEEEEE"
Non mi son mai divertito tanto!!! Siete stati pure teneri e paciosi!!! Grazie per i 4 minuti indimenticabili, pari solo in quanto a divertimento alle "imprese" nerazzurre in Italia e in Europa, prima che un consesso di colletti bianchi, capitanati dal capitano di ventura Guido Rossi, decidesse di farli sorridere un po' regalandogli il "giocattolo" del campionato!
Che succede a DE PAOLA? Il calo delle vendite l'ha ammorbidito o questo è l'articolo di un interista deluso? Intanto, caro Candido De Paola, continueremo a boicottare Tuttosport dipinto di rosa.
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